-y^g-^^'^. -^^^^^::;^^^' The Ahmanson-Murphy Early Italian Printing Collection CUcncrlairduUas. acquired with funds donated by The Ahmanson Foundation & Franklin D. Murphy UCLA Library /- r 4 ^-^v^ 4<^ ^/rt-^'^"'-'' / 'W. ■ ■ / L .^ NOTTE COMEDIA NVOVA" DI M. GIROLAMO PARABOSCO. .^-^ in Venetid , dpprej^o Tomafo Botictta: M D X L V I» /. su ALLO ILLVSTRrSS. Cr EcccUctitilf IDuca di Firenze Cofimo de: Medici . Se piacciuto fojjl Illuftrisjì^ mo principe a colui p che: a giuìlo Cr conojcitito fine tutte le coje con^ duce :> donare tanta eccellenza a gìiocchi de mortali ^ chauejjero potuto lun l altro penetrarji ne i petti^Zf^ tiederfii cuori 5 io non due. bitarei plinto à comparire innanzi al Reale ajp^ettòdittiojlra Ecceh lentia :> ne dubitar ei che ella non prende (Je tanta marauiglia O^jiu^ pare della deuotion mia ^ cjiianto l^e)ggi fa il mondo della prudenza della giifftitia della m.ijlricordia .-> O" magnanimità fua . Por che cjuc^ A i] (lo Illujlrisjimo Signore non è con cejjo ad alcuno ;C^ che alla f or ^i tuna e piacciuto tenermi fèmore cofi lontano da ogni commodo CT da ogni fauore^ che cojì conifrut ti de V animo :> come con Quelli del corpo ;, non ho mai potuto meglio far conoscere a uoilra Eccellerne tisfima Signoria ^ (Juale io le (la denoto feruo^ T^engo con Cpuec- élo picciolo teRimonio della mia grandisjtma fede p anzi per dir meglio con quefla guida :> che per altro non uoglio che mi Jlrua ^ C troppo mi farà jè per lei po^ fró uedere colui :> per lo cui ua^ lorefaràfemprc con forno ^ CT inuidia d'ogni fcolo p C d\gni etate :> ricordatala nofra. Que^ /la è Illuflrisjimo Signore una mioua comedia :>^pur fiora com^ pojla. /y oilra Signor la Eccdkn tisjima in cjja comprenda lo ar^ dente affetto del mio core ^ ©^ non lo Jdegni . . PROLOGO. N efjvtto doue e moUìtudine^e confu [ione, che uetig^i il cancaro aUc comedi i die cr ci'Adjì ch'io ncn dij^idchi le compone , CT a chi le recita , CT d chile dfcoltd , Credete uoi che md fé ne poj^d recitare una Jenza quifaone f fenzd parole , ofeuza inimicitia f mai no per Dio , che quando anchora con quiete cr pace di ogniuno» ilchenon e pofùbile fi dijì^enjajie i luoghi deUì f^ettatori cr fi acquetajle ogni tumulto , re^x poi acommodar le genti che conducono coloro che intrauengono nella fauola i qudi fi trouano il piti delle uoltc ef>ere in più numero che non fono la me ta di tutti queUi che di commune nolcre àfono in- uitati . Eccoui ad:fo colui che audinii ui douea far Vargwnento ucnuto in diffirenza con doi aU tri compagni per lo acccmmodjr di alcune donne fuepareuticorrucciato fi parte tonde noi confufì fiamo mezzi f'^^ryiti , ne ci ucdiamo ordine di re citdrui la comedid per iùafera , Ne ui penfate pe rò chequcf^o ch'io ui d/ro h ora fa per burlar con efo uoi , 0 per noler ufar qualche argucietta che penfaresìc iifjfo che qutV,o ch'io u'hò detto è «e-- ro come la weritày^ ne uederete lo ej^jitto che no fi dicendo Par gcmento non fi dira la fauola , C7* quejio non e malfatto pcrchs una comedia fenzd argomento e proprio una ho^ariafenz<^^rfeg;iù. cr di quc^.o ne uoglic ^drt infentenz^i di qm^^t beile Cj geiuildonnc ♦ Ijitefignorc V Ar gomena to non e q'-^e/b icjjo cheuifu capaci di quanto ci e dentro nella comedìa f Scnz<^ ^f-o non chiuderete uoi i buchi deUe orecchie difherando di poterne in tendere qualche particella f pur quelle chemarita^ te fono Je la potrebbono anco troppo ben pajìart che non haumdola cofi per punto inteja hauenb» bcnoi mariti di quali domandandogliene jianot te Icfdrebbono la ce fa in modo toccare con mano , che fé ne {tarlano fodis fatte : £t con quella Jcufd anchorauolendogli dimandare di qualche altra cvja ,/è egli dormifie^ lo potrebbono rifiegliare^ Ver quefta cagione come ho detto le maritate non ft ;;c haurebbono però molto da dolere, quando ben le fi recitaffcla comtdia fenz Non Vhdi tu anchor fattd dccortd deUd frlìce uit.tychcuiueundgicuinemdYitatddd un huomo dtempdtof tud non nlieud, facciamo pure le noz^ Ze , che ogni cojd del reilo dndard bene , perche ntì dd cuore qudndo io Vhaucro f^ofutd di far jì , che eUdfi chidmdrafodisfattd , moi tu altro , Di* ' Cofìfdrd y che le donne fi uoltano poi aUa fìne,^ cedono dUe miglior rdgicni y pur che fU huomo che kfdppidfdr capaci deUd ueritd . Cer. Cofiè* Dù Bomdniddferddl cido pidcendo tu le ddraild mdno t benché eUd dica dijcntir doglie ♦ Ger* Doglie f Di* Si ♦ Ger* Doglie f doglie f d me non Id ddrdi tu fé eUd ha le doglie , doglie dn , e in quanti mejì e, debbcefr fer in noue fé eUd hd le doglie . Di E che diduolo uai tufchiaviazzdndo f io dico do^ glid di cdpo , doglia di {tonidco , che creditu che io dicd f 7 Ger* Oo cojìjl , che diauolfo io , ddejìo fi ud con certi parUri doppi , cr poi fi dice 5 1 te lo difii , cr fòr fi che il mondo non è pericolofo in quelle cojèy jòr fi che nonfiuendonohoggidi uacche c^hannotirn^ to dieci anni per uiteUe da Utte» Di, Ab, dh» jhy eUd era ben doppia, Ger* O Dio fìi^didfc ella era doppia adunque ha fatto, er/è cofi è io non la mglio , ti dico * Di. Gerardo io credo , 0 che mi burli > 0 chefei In tati ta allegrezza che tu nonfcnti , ne comprendi co= m^ic parlo , io dico , per mode di dire cìje ella era doppia , fé tu hauefi penfato che mìafigUuolafuf fé ftata con le doglie del partorire. Ger, Dimodio parknii chiaro , cr dinvni paro^.e di un jènfofoìo ^ ch'io fo:i più fojpettcfo che un Udrò: CT per mia difgratia piglio Jèmpre alla riuefcid do che alla riuejciafpiw prendere . BL Gerardo miopnpredamehaueraiinogni cofa la uerita,ne maiaggirarei ne infatti ne in parole il capo ad alcuno y ch'io faccio proftfAone di non tralignare in cofa alcuna a ciueUa , chef comaenQ ad un huomo da bene * Gcr. Per tale fempre c'hò tenuto , Zf fé altramente mi hauefi^ io penfato dcuerti trouare^ per modo alcu no nonhauerei cercato di far parentado con efio teco, ma lajciamo le parole , domani da fera a Dio piacendo con fcr mar cmo con glieff:tttlafède no itra j io fra qucfto mezzo metterò buon ordme al hcofe^che dal canto mio non denno mancare , cr^ tu dnchoYd dnderdl per le tue ficcendé, io credo cVio non potrò hoggi mancare di non dndure d Mejire jìii fera , o di notte a che bora effer fi uo^ giù j IO uerrh , fono arriuati alcuni mici cauaìli, i quali uoglìo uedere, CT prouederli di buono al loggUmcnto , A riuederfi domattina fé uon più tojìo. Dù In buon hora : attendi pure alle cofe che importa^ no , che queiia quantunque fìa di maggiore impor tanza che le altre ^ non ha però bifogno di altra follecitudine * Gen A Dio. Bi^ A Bìo * in cfjitto gli huomini faggi hnertifcono d tutte le ccfc: guarda come coftui due udite m'ha notato nelle pcirole 5 quantunque ciòfia (lato fu= perfluo ; per e fiere io huomo in quefia,0' in ogni altra cofa , merce de Iddio , giufco , cr fincero : ma ecco Tranguggia , che mijapra dirnuoua del la mia Lucina , 0 uo^ia amore , che la cofa habs hid hauuto quel fine ch^iodefidero. Ben neuengd ilmio Tranguggia gentile , che buone nuùue mi arrecchi della mia dolce Lucina f Tranguggia cr Bimodio ♦ Tra* CofihaueJÌ'iounpaiodefafani queRa mattina d dejìnare, CT unfiafco del miglior trehiano di Fi renze ^ come la migliore,^ la più dolce nuoua ti apporto, che dejiderar potefti . 8 T)L O amore io muoio di dolcezza * Tra, O trehiiino io muoio dijètc . DÌ. O mia bella Lucina • Tra. O mia grajU gallina . Di* io mi credo Tranguggia che tu fii figliuolo deUd fame* Tra* Tu non t^apponefd . io le fon matre, er hoUa nel corpo , er non la pcfio partorire , cT già fono homai trentajdanni cFio la porto^ ne mai mi po= tei unafol uolta uantare , che ella non mi dejìc fa^idio . Di Horfu lafciamo da bandale parole da fcherzo, CT parliamo di quello che più ci importa . Tra, lo non parlo dicofa alcuna mai , ch^io dichi tan^ to da douero quanto io faccio ognl:or eli io ra^ gionodi cofe da mangiare , nefo ragionar di cofa 5 che mi importa , ne che più mi diletta , che del empir di quefio uentre ♦ Dr\ Non mi tenir Tranguggia homai più fu le hacs. chette , CT non ti pigliar cura di cof:i nefuna cer^ ca il mangiare , che mentre io uiucrò tu mangc^ vai da imperatore , ma di gratia dimmi come hai acconcio lacofa^ch^io mi fento di^liUare l cuore di dcfiderio difaperlo : cr tanto più , che tu m^hai detto clmnuoue buone-: nejj)erar pofo altrimenti , cr per la tua fagacita , cr per U mia liberalità * Tra* Le cofe uanno per mia cagione cofi bene per te, che fé cofi per tua , andaranno kix per meiio non dubito i di non eflerc dd hord inndnzì H più con^ tento huomo che uiud , ^d ferd cerne io ti pro^ tnijl dndaraiajìdr qimtro hore con Id tud Lucisi tìd i er /.t ti goderai come difidcri . rù O filicisfww Dimodio , o A more fi come dato mi hai uentiiTii di ottener cofi defidcrdto contento , dammi anco fòrza ch^io popfofiener tanto Vaile grezza cb^iofento , ch^io non muoia 'innanzi àìC io ueda la mia dolce , er amata Lucina, V cers to io credo ch'io mi morrei , fc c^ue^o timore non Id tempcrajk alquanto, ch'io non fon ficuro di cài parun^hora per fi auuenturofa, cr lieta noueìla, cofi e^^remo piacer ne V anima fento , md dimmi il mio dolcifiuno Tranguggia come è ita la fd^ cenda f Tra* lo iltidìro,feluuerai pacienz^ di afcoltarlo. Tu fui ch'io haucd cofi bene di il ofta per inndnzi cr la maire , CT lei , che poco ci uoleud homdi d farle far dd cjipo cicogna . DÌ* Qucshio IO , cr ringratio la tua foUecitudine , ne mai di cofi eccellente Jèruigiojòno per ifmen- ticarmi . Trd, Bor odi pure : io le portai hier di fra come fu Vordnie no fero , d damafcoperla ueile j CT il rd Jo pauonazzo , er U coUane , c^ le anella , CT diuHouole ricordaiVutile j che facendoti pidce= re elleno fono per trahcrne .effe moslroYono di credere ognicofa, cr mi impof:ro ch'io ti rendcf- fi infinite gratie^ cT del buon uokr tuo , cr del prefente prefente che gli hdì mdndato . T>ì* QMfflo non rdicux fin qui nulla per me , Trd, odi di gratidypxreux ch:Jla madre fòj^c alquanto ritrofa , cr più a fiat che Lucina * Jjì, O Ulta mia , Tra. Ma io ricordandole tu to ilmondo effer capric^ do laJlMumtdyCon dire.chjì ^aferaeliunon ha ucfie confaidto ,chc tu gl'ufo f^e ito a piacere^chcfa cilmente potrebbe intrauenire , che tu ti pentiti, douz non Joìamcnte eUa huurebbe perduto tutto quello y che cUa è per haucr da te: ma^o' anchora qudlo^chefin hora donato khai però che tufacil mente ti farcjii da te mcdefhno p':rfuafo queila ej^erjiata una truffa Doue : tu hamrejìi uoluco ognikofa ddtuo indietro . Df. O Tranguggia Bottore, o Tranguggia faggio, 0 Tranguggia ftupendo, io fono a te più afiai tcs nuto che aUo jpirito che mifosìmta . Tra. lomeneaudcro amenfa, hor p:r uenire alla conclufione , eUa per le mie parole è rejlata con- tenta , che {ha fera tu le uadi a ftar tre , o 'quac= tro hore in cafa nelqualJf>atio potrai in parie fa^ tur del uojìro ardente defiderio ♦ D/. Laudato fia Dio , pur lo dicevi, CT perche non tuttaque^ha notte f Tra. Perche k fono mnute in cafa alcune fue parente y cr ella nonuuoleyche per niente f^c s'accorgano dinuUa: chefarebbela r ulna fua^ptr che queB:c le danno di molto aiuto , cr ogni cofa fanno f e/ia C .u. fdndo cheU puttdfìmdntC'^gd da bene , CT ciudns do fi duedeffero di dito dicano uonjòldmentc mdn Cdrebbe il lorodiuto , md p:r isdcgno lofdrebbo:» nofdpcre a tutto il mondo ; douifdtkd poi s^hd^^ uerebbe d ritroudr chi Id prcndelk per mo'^liey ntd queRo che importd , fcmpre non cifdvdnno co teftì rijpetti onde potrdi poi d tud uoglid fdr di efid come uorrdi . Dt. ììorju io mi contento per id primd uoitd md dim mi d che bora debbilo dnddre r Tra, A tre bore di noti e , cr perche Id Land hdfdtto il colmo , come m'hd detto und mid comdre , che Undjudforelld gli lo hdfdtto jdp-:.rt ; uoglio dire, chefiuede a queWhord come di giorno, hdbbidmo confiderdto , che meglio jkrd che tu ni uddi , con € miei pdnni : dcciò che fé d dicano tu cifafii «e* dato intrdre, non fi penfi maluidjO' queflo tdn» tofdrdhonortuo qudnto d loro, che neid etd che fei 5 non mipdr conuemente cofd , che tufi uedu^ to dd queUe bore fuor di cdfd , CT" dnchord neffu» no prender dfoff etto uedtndoti intrdre , che ben fi fd per tutto ch^io le fono dmico^CT fdmiglidre . Di* Non fi potrebbe dnddrui per Id riud di dietro,^ fdrebbe meglio, CT à me pidcenbbe più cfdi ^ Tra* Anch'io m'duifdi di cotcftd i^ortd di dietro,a' ci fii [abito difcgnofoprd:,md Nd^dgia mi diffe^ che per niéte eUd no uoleud che bdrcdruolifdpefe ro ifdttifuoiiche clldjd bene di molte done dt quel kfba^a chtfon ^atcdifcopcne dafimiU gdglioffi IO Bi Hor/w tanto furò, quunto da te mi fari ordinato: ma odi perche io non uorrd che nulla di quelìofat tofifapcfje j nefijojìiettafje in cafa mia ^ farà buo no , che tu ritroui qualche amico tuo pouero , CT jecretoy di CUI fi potiamo fidare: parche in cafa fua tu tiritroueraiftajera , cr iofìmilmente : CT mi tu ti dijf'OgUerai , er io mi uejhrò i tuoi pan ni , cr cofi le cofe pujf iranno bemfiimo . Tra* QU'iiofarò uolontieri , ma uno che non meno è tuo , chi mio grandifimo amico te ne auifarò hor hora , cr che al prò ofito fura che più non fi po= trebhe desiderare , o' quesio cbandmello tif>ito~ re 5 cr àa qwiui pnfio , che a queftojèruigiofa:=- radi grand: fimo conwiodo: cr è comejai fure^ tisfim^ perjona • Dn Tu dici lì uero per Dio ^cr meglio non fi può tro uure ne huomo più alncjìro iropofuo.que^ìa mat tina glipArUròio t.cfo non ti pigliar altro co. fico sfe non di uenire a defilare con efo meco che poi d'ogni cofa ti aufarò , CT metteremo per f ito ordine al fatto no^ro. Tra, Qucfta mattina io non pofo iffer tao , perche e mnuto un gentiluomo brcjciano mio grcnde ami co :ilquale alloggia aU'hoiìar la del fole y CT con tfo mi cvnuiene ad ogni modo ire a dcjìnare , ma fadirttrouartiincafaaUeueritidue hore^ che io uerrò fnz^ fallo alcuno * Di* Trangugg'.anonmancare^che iffendo poRo T ordine che detto m'hai j la cofafenza te non fi pò* C ij trehhefdre, pero duuertìfci bene, che il bere di più forte di nino , comefiufd di bere r.elie ccmpji:^ gnie, CT mafiiìTie aU'hciiaria ^ non ti cdufajjefon m , ond'io rciiafe poi in dfdutto. TYd* Vdnne purcy cr metti buono ordine con bdndhiel loy cr di me non dubitdre ch'io uerrò dnchor piu tojìo di quello ch'io t'ho prvmej^o . Di, Bord io uddo , C7 tufd di tornar dlThord che hdi detto , Trdnguggidfolo * Tra, Vdnne U pecord , che per Dio gli Ufcidrdi deUà Idnd i 0 Amore ben comperi tu ijirdli a. huond de Ydtd y poiché non rìfgu:irdid gettarli, CT dfpen derli dietro d cofì uile uccelkccioy mirdte che gen tileinndmordto , ma il tordo non poteud ddre in miglior rdgnd . eg/i/; è inndmordto di Lucindfì gliuold di Ndjìdg'dyTufficLnd cofi perfittd, come fi fdychecontdmindrehbcU caftifd, CT uenderebhc per catto lo adulterio ; come horagli mnde Id fi^ gliuoldy Ududt pur per polcelld \e ^^li dccoccd',et credo habbia fatto quattro figliuoli , di ire fon io hemj^imo ficuro 5 ma fa fare di maggiori miraco^, li , c^ queilo d mio giudicio è poca laude ad und. ruffiand , perche fi potrebbe dire , che eììd fdpejle fare quello foto che ja fare , eiT fd tutto di, tutto il inondo , baila io ne conofco ben io più di un paio, che forfè non più cafte di Lucina fono anddte tter II polctUed mdrito , CT credo che molti ce ne fono horachemi dfcoUdno ^che ne concfcuno anchcra loro qualche wUy mucofi e buono , cr vufiime per e cdzoì<^J j che uerr.inno d buonu derdtn i cor doudnijcrejcendo in cefi gran numero i becchi co me fanno , ma chi è que^a uecchia , che cofim^ CTjpcro che non indarno tir aremo la rete . Tra» Dimmi cara NaRagia penfitu che il u':ahio deb = ha efitrcofi l'cioccone eh'' egli non s^auegga Luci^ namn efierpolceUa f hauendo ella fatto come fai ch'io Jo , ire , 0 quattro figliuoli f Il Tu ridi e f Ah, ah, ah, s''io rido dn f fciocconcftì tu, CT co^ me fanno tante, tanti, cr tdnte,che fi ^cfiono nu merdre d migliaia f o pazzo : d te che lo Jai mi darebbe cuore di far che lo crederi . TPerdiofeiononneuedefiiilfegnOj mai non lo crederei . Et io , s'/o Io uedefii non lo crederà , icocco 5 che benjei fciocco m ciucfia pdrte, Veduu q'ujid dCs qua cFio porto in quejìd mpoUetid , qutfìa t acs qud di pignd y che ha la uirtu deUe tendgiie,^ in finite ce ne fono de Valere acque c'hdnnu la medefi ma proprietà di ftriugcre . A quefio non darei fède . Più facilmente farei quello d cui credenfci, mdncd no per mid fi le tinture cremefine , puzzo che tufei* A quel ch^iouedodd ogni cofd hai proucdutOt Ben (di raccordagli pure , che egli alk tre hore ne uenga ucfiito con e tuoi panni , CT auijdlo che egli fé ne parta più tojìo che può per qud rif^et=- to ch'io ti difii , chemi pare chefia afiai bene co=- lorato . Trd. Si fi, per quelle tue parenti , io gli ho f\ttc credei re ogni cofd, tu adunque a quelchho ucgpo non ti lafciarai Rajera uedere da lui . Nd* Ver niente.hò ordinalo a Lucind,che come eglifi ri intrdto dentro aìU porta difirada, che lo we* ni per Vufcio di dietro in (jiielli cmerettd faif Trd» Si fìlli qudU dei co ntv sbandi ^ N^ . T« l'hai prcfj. qudu propid . dcHe cdrezzc > CT I dcUe cianz^ egu n'è per hjiucr più ck di' pdrU: che io mi credo che Lucind ioJAprd aj^n baie m= trdtcnirc» Urd* Chi ndjcc di Gaìlind conuien che ruppi , tUd e tud figliuola non uoglio dir altrOj cr poi é^mitid . jerar chemorte a mepoteffegiouareyComefoglionoj^erar tutti gVinfilici , ma qmfto laffo anco mi é tolto, che fé il crudel dolor, c'horafoppOYto non mi ancide, perche non debbHopenfare di e/?e immortale. Io uogUo dìfmo^Tdrmi , che dUd croce del Signo re egli mi fu picUybuon giorno figliuol mio caro* O matre mia CT tu U btn umutafii* Cheuuol dire tante lagrime i tanti foj^irit CT tanti lamenti chchorafpargmi tn cofi dolorojì accétishe per Vanima mia me hano anco io quali per pietà fatto pianger, crfofj^irare ? io te hòfen tito da principio CT fon jUtanafcofafin'hora, CT farei jìatapitanalacompaf ione ch'io haueua de tuoi doLri, m'ha sforzata a rompzrtile parole , dcue s'iof'hauejje cjfcfopregotichcmi perdoni* Et in che cofa tioitu hauermi ojjvfo f Che so io fÌ7Uuolo . Si dice che a miferi il lamen tarfi > cr 'l lagrimarefuoljccmare in gran par^ te la doglia . Eb madre fola la doglia rniacfcnz^ rimedio aU cuno . Figlinolo miofempre ho fèntlto dire, che d tutte le co fé e rimedio fuor che alla morte ♦ Bt io prono eh' io ho rimedio contrà alla morte, cr non aUe altre cofe . Qtte/to uorreifapere ♦ Se io nonpofo morire jòpportando dolore chehd urehheforz^ d'uccider i dei , non uoitu ch'io cre^^ da di hauer in me benché Jconofciuto , rimedio con tra al morire f alle altre cofe non ho rimedio pofr fo dire,poiche cjuanti ima;zinar fé ne pub gli ì.ò prouati , cr nej^uno fin qua mi gioua ♦ Tutti gli huomini fanno tutte le cofe , però confU D ij gìidtiy C j^ecidìmentecon i ueccU , defìfuol di re che il diauolo è aitutc perche è utcchioy CT non hauer rij^etto d difcourirc U cdgione deìld tud in^ fèrmiù d chififid , che d te pdid c^hdbbid inteUet^ to 5 chefuputo che hd il medico U cagione del md le fi può dire^cht mezz^ curatd^ciT gudritahdb hidldmdldtid . io per me fé fdpcfii qudl male fvpe il tuo, CT dd che cofx cdufato fiffe , tdnto mi hdnno mofo d pietà le tue me^e pxrole , ch^io mi sforzarci di porgerti ogni diu.OiV' infdttiyVin dettì^Z^ in ciò che pofibil per mefòfe cenamene te, CT pregoti che fé eUd è cofx che dir fi pofa^che é. me celdr non la uogli , ne tifar mdrauiglid che mibdUi Inanimo difaper i tuoi dolori CT di tros udrli ciudlche rimedij^^per uedermi poucrd uecchia che importd Id poucrtd dìlo ingegno . Chejo io alcuni uogliono, che con U robbd albera gUno le uirtu , er con i poueri kfurfantdric,^ € d contrario come fi uede aperto , CT chiaro, ma fé ti pare pale fa, er comanda . Efendo tuftatd ad afcoltarc le mie parole , io ere do che babbi copre fo in parte la cagion del mio do lore 5 benché particuhrita alcuna fotragger non habbi potutotma perche ì: uolcrti narrare il :utto fora troppo longo rag onamento, CT da non fare fu la uìa ; dimmi fé ti piace dcu'c la tua habitatio ne ^ che domani fenzd fallo io ti uerrò a ritrouare CT il tutto più adagio ti dirò , cr /^ rimedio alca no mi potrai porgere mderai c^hoggi la tua efire ntd uenturd ne piedi ti fi fard gettdtd . m* ^Figlio mio la mia cafa e quiprefio , mira , quello ufcietto in quel canto di la per mezzo il mio dito^ Ipp. Io lo mggo y quella porta che ha [opra ma M non ha nino , chi ha nino , non ha carne , cr mangiafi cofifforca = mente, che i porci con riuerenZ'^ fono più netti af.ai. Mi uien da ridere di alcuni cortegianeUi li= quidiiche hauendoa quattrino, a quattrino mal menando le mani , cr portando qualche anno le calze rotte, z^ la cappa f^cLta, raccozzato in fi eme qualche ducateUo, c^ hauendofene fatto un uejìito y CT un pdio difcarpette di ueluto difquar ZOyper timore di non li far fopra quache muc^ chia^y recano il più delle uolte di mangiare , non diro a mezzo corpo ^ ma tanto che fì pofa chias mar una coUatione da romito denoto* DÌ. Come , io non la capijco. ^aU Tu hai da fapere , che in tinello non fi ufd porre pirone o forchetta ne coltello : er quando ben fi ufafe bifogna aiutar fl co i griffi , chi ueder uuol ftto conto j er però quel pouero fgratiato non uuole toccar la carne con le mani , per timore come ho detto auanti ^ di non macchiare il ueRito, CT cofì con un hichier di uino , CT un pezzo di p^ne 9 fé ne torna mdlJatoUo 4 uagheggidrfi il ut le. {tito . ne per tutto do quejìi furfanti dnddrchbo^ nodi [otto ddUo Imperatore , gli pure auijo, che ogn'uno gli dòhd ammirare , zj h^utrgli in uidia^c^ non s'' accorgono 3 che chi U intende gli hd pietà infinita : cr fvrfi che non fi pauoneggia no con quel nome di cortegiano , non ti dico poi co ine fanno il Duca con chi gli haurk per forte una uolta uedutitenir lafiaffa al lor padrone , o che c/?o padrone gli dica una parola aW or ccchiayaH^ hora fi che fchiamazZdno , CT in un certo modo fi dentano di fare credere altrui di esercii fere, cr che tutte le cofe de importanza gli fidno im= poiìe a loro : come d perfine cdre , cr di ottimo intelletto^ vi* Fdljettd tufei fòrcd , cr le fai tutte , md duuer^ tifa ^ che tutte le Corti non fono d un modo ne tut te piene di huomini uiii o di poco ualore , "FdL -Co/? credo pddrone md* Vi* Et che fid il uerOf io , ucnendo Vdltro giorno co me fai da Komdftci la uid di lirenze^ neUa qudl cittd mi fermai per alcune mie facende , cr per di cuni miei amici mercatanti che mi ci intartenne= ro : crfra le infinite cofe degne d^ammiratione , che in queUd udlorofa , CT heUa Cittd confderdi : fu Id corte dello lUujìnf^ìmo Bucd Id quale piena è tutta di cofi nobili , gentili , CT uirtuofì finirti, che fi può più to^o CT con più giuHo nome chiami mare ritratto di parddifo , che corte terrena» lEdl O pddrone io non pdrlo delie corti di cofi granfi »8 priore , clcfifx bene che con i nuchi,i Reggergli ^ Imperatori, e ?.ipi,albergdnOy O" fono intxAUnu ti gii huomini rari , er uirtuofì. Df. Tm re ingàmi d creder , che quejlollu per Vordi nario , io ti dico che le corti fono , CT uirtuofe , cr mtiojè 5 com'è il (ignore : Creditu che fé il Du cadiFireuz<^non fòj^c fignor giujìipmo 5 come glie benigno , ualorofo , er grctnole ^m^ìfore, CT f remruf-ore , anzipddre diro» de gli huomini uir tuofi j che lafua corte fvfse tuttx picnd di giujìitid, di modtftid , cr di uinu com\Ud et Certo non , che fé egli ffe di dird forte, didltra forte fdreb hono ifiruifuoì. ricordati Falfettdycheilfgnorc e come il fòco , che cicche tocca in f^atio di tempo conuerteinfeftefn fai* lo fletti gid dd picciolo con un prete il maggior r Ubaldo che fife in Komdj O'ui {tetti di molti anni ch'egli non mi puote però md conuertire CT fceogni opera pzr conuertirmiiuedi adunc^ue che la regola non è giuftd ♦ Anzi egli t'ha conuertito , ne pofibil farla , che tuffi cofi trislofe tu non hamfi prefo le creane ze odi prete, odi frate. Tal Onde auiene adunque , che tu chefei buono > non mi conuerii in buono fé la regola è uera, Dù Ioti dir 0, fé be^ieV. fòco conuerte ogni cofa che egli tocca in fòcoMfogna però,che queUa cofa che egli hx da conuertire fia di minor fòrza che lui* tu fai che fé tu geni un poco di acqua jopra un E /; Di gYdndif^'mo fico j che Vdcqud qudnturique fu il maggior contrafto chcs'hahbiailfvcoyft conuerte peròdncVeffa infoco, ma Jè [opra m debilfòcofl uerfauungrunfccchiodiacquafcnzd dubio Vac quae^ingutrailfòco» Tal Cbe uuoi tu dir per qucfio f Tfi, Voglio dire che io che fono mdnco buono che tu tritìo nonfei , non po[fo conucrùite in me. ¥dL Tu ihdifrefcofe fci nidnco buono , che io tri^o. Dì« lononfiofrrefcoper chio non hdbbid bontd dd udntdggio:md ioitofrcfco peref^erin periglio di perderld conuerfdndo con efo teco , f.fiendo eoa me ho detto , che il più fòrte fcmpre rimdngd uin citore . JF4/. Volej^e il cielo cViofvfe trijim come dici , ch'io j^erdrei un giorno hduer qudlche grdnuenturdi però che jolo i trifà godono il mondo , CT fono gli dmati , cr gli dccarczzdti dd tutti, T>U Horfu Idfcidmo dndarejrnegliofdrd , che tu torni ddietro perche egli è hord dd defìndre :comt hx^ uerdidefindtotu dnddrdidoue ti mdndd Cinthidy CT per dlcuni dltriferuigi ch'io t'imporro poi. ¥dU Tdccidmo come ti pidce : mdjè mi Idfci ire hord^ri tornaro in unfubito. Di. Et doue ti mdn dd elld f lEdL Dd Mddùnnd GiroUmd tudforeUd , c^fud cime^ dd, che gli hdprom:ffouno elettudrio contrdil dolor difìomdco. Dì. hUa pur finge hduermdle,^ pcnfdcon que^ mcflre , far jì eh 'io non U ttidriti a Gerardo f md per D''0 che a quc^a uolta haucra molto mdìc pcn fato , ma odi poi che tu naia cafa di mia forella ì meglio farà che tufacei di un uiaggio duoferuigi. piglia qucilo feudo, O" aggiungi iui prejìo aUa botega delie duclj)ade , er compera un marzàppa no di tre o di quatro libre , CT qualche altra (or te di confvitOy cr portalo a cafa di Najiagia fait cr fammi raccomandato a lei^ cr digli che fccon do Vordinefarò , ma odi uà per Vujcio di dietro con lì conjvtto accio che neffuna non ti ueda intrus re, cr non fofj)etti male, AhyahM cofaaqucl ch^io ueggioc adunque in concio y lodate jianok campane, tu non mi uo leul già credere. La cofa è tn concio per certo ; ma tijo dire che ca Yo mi cofìa. Di gratia padrone fé ti piace raccontami il tutto. Non cercare altroy hajia ch'io le ho donalo qua^ tro aneUa , di uaiu^.a di dieci feudi Vuno , cjr ca^e ne 5 cr rafo per una ucBe , CT damafco par un' al tra con nulle altre promifioni . Cancaro chi non ^ramazzerebbe f O Cìd che non mi factftì nafcer Donna ^a quel chio ueggo de marzappanì.o' de iprefenti fatti , tu tojìo hai hauer qud che defderi, A dirti il uero , che di maggior cofa mifonofidA to di te 5 l'ordine e che fìa fera to ci uada aHe tre bore di notte, traue^ito coni panni di Tratta guggid , (^ goder ommì dì meno trehoYc Umià dolce Lucir.aiio non gli poj^o dormire in cafa. per alcune fue ^drenti dalld uilld , che ci alloggiano^ TdU odi Vi, teme Id Kubdlda ehel pefcìefi fxtiiyO' più non corrd d VeJcd^Horfu padrone io farò il tutto, Cr ucrro tofto . Df. louado in cdja aedi d'hduerfrefco il marzdppdno*, Tdl. Trefco (lai tu per dio, grdn difficultd è certo trdr del c^powid oppinioneofaljdyouerdichefìflddd unhuomojche ce l'hdbbia.qucRo Vecchio^che non e però il più [ciocco huomo del mondo , fi crede che Lucind, di che egli lì muore per dmore^fid poi cella , cr è noto a tutti ^ cr d lui miUe uolte Vho dett'io, che dia hd fatto tre figliuole : ne gli pofio però far credere anzi egli mi riprende y^ con tutto 5 che ella faccia ciò che egli uuole uorrd cre^ dere giamai^ch^ella puttana fu , ma che dira Cor ndcchidjèruitor di Gerdrdo Jlquale fi muore art cVegliper amor dicfueiid uaccd: quando fapra quefiof ma eccolo a punto per Dio,0 Cornacchia fei tu Cornacchia^ Cornacchia er Falfetta. Cor* Co fi ff^' io un lupo chio me mdngidrei queUd pecs cord del tuo pddrone : poi che uol dar quella fud fi glid cefi bella gt ouane a quello buffalaccio, TdU no ho Un:zntati d'altro di gratia , che di que^o non ti uoo^lio dar vdgione alcund ^ d me an f can^ 20 cdro^Sc tu uuoi dire il aero tiJ^Uce molto q^uc&o jìpofdido. Cor. Mi j}?i^ce fi, perla pietà cliio ho deUd cattiud uitd che hduerd queftd giouinetta con quel me = chidzzo* "Edi Et deìid bond che hduerai tu f Cor» che bond , che hducro io f queflo fdvd , che pri= ntd iofaceuofolo t feruigi del uccchio , CT hard mi conuerrdfdr quelli dd uechioyO' deUdgioudne* gudrdd che dudnzi* "SdU O tu ti fingi [ciocco , CT perciò ti dico io , chehd^ uerdi bona uitdfdcendo iferuigi deìld giouane. Cor* Ahrubdldohord t'intendo jmd io ti giuro per Idmiilcdltd, Idi O gran /congiuro ♦ Cor. Chiononfdreigid mdicofdychefòfìe in pregia^ dicio deWhonor del Pddrone^nein detto ne ìtt fatto. Fai lo fui gid un tempo delld uolontd , che fimuli hos Td efer tut md hauef'iotdnte udcche , O' uiteUi, qudnte uolte me ne fon pentito dd poiio" d r^gios ne , colpd delld ingrdtitudine che mi usò gid un certo mio padrone con ilquale iletti molti dnni » cfferudndoli in cafd fud , quelld mode^ia , queUd honejìdychcfìpoteud defiderdreild quale tdnto più doued effere , er dpprezzdtdy ^ remunerd^ . td ', quanto p^u erd Vutile j cr il pidcerc ch'io ne hduerei riportdto dltrdmentc facendo» Cor, Et che premio ne hduejìi tu f Val QueUo cÌK fi dd con rlucrcntld alli porci per ingYiXfirlL Con Broda uoi dir tu èf Fti/. BenfdL Cor, De! bcnfdr non jì deue Vhuomo gid mdl pentire, Val lo me ne pento certo , c^ tdnto più che oltre U in gratitudine ch'io mi uiddi ufarejio uiddi poi quejli tdlijchefdceuano cr ilgoUo , CT il marito effer li hen mjiiyli-bcn accarezzati ^c^ li ben remunerati* Con In ejjìtto eglic cefi che un huorno da bene non è pin in confideratione CT perciò la natura opera hog^ gì di cr con giudicio , cr con pietà 5 empiendo il mododi trijhtdouedo i buoni fempre mai {tentare» fai. Però fa di non ejier nel numero dilli buoni ma fi bene , de gli fortunati ohe Vhuomo modero è ripa tatofcìocco 5 cr più non fi dice , 0 che huomo da hene eipuotefare CT dire , CT per non traligna^' re alla lealtà , ei non fece y CT non dif^e ; ma dice fi, 0 che pecora egli fi lafcio fuggir daUe mani co fìfolenne tratto y il cielo manda le faue a chi non ha denti . ^fmili parole . Con A fua pojìa io uoglio fempre effer huomo da bene, fai Etjempredentarai, Cor» Et tu che Jet triflo , anchora {ìentarai * Tal* Per che io fui da bene. Cor* norfu làfciamo ({uejle parole dimmi di gratta Fai jetta mio da bene, TdL Non mi dir da bene , che tu mi laceri,^ Cor, Tritio horfu il tuo Padrone come e aUe erette con II ^ con Nafld^id per conto diLucuidfaifdi gratta no mi. na(conder ccjk dlcuìui, chcfefiddmer.te mi dU raiognifucccfioyioti prometto di far con loda nostra , cr tua cofi buono officio , eh farai felice: fc ella ( come già più uolte tVofentito dire) tale ti può fare . lEal Cornacchia mio ferha a farmi qucfìe ojjvrte quan do uorraifapcr da me co fa , ouz ne uada la ulta mia , cr non per far mi' dire i fatti del mio padro ne,chetufaibeneyCheVujanzanosìraedi pre= gare,^ pagare altrui che liuoglia uiire , dimatt da pure a pajjo per pajfo quel che udfapcre , che s^io nonio faperò IO lo mi imaginarb per fodifi: farti , cr per la uagkzza , che io prendo di far cofe contra la conuenicnza de Phucmo da bene. Cor, Tu fai Falfetta lo amore incolmabile ch'io porto, cr che già tanti mcfi ho portato a Lucina , fnzd mai hauerdakipurcun cor te fé [guardo potuto hauere , tu fai fmilmente, che Dimodio tuo padro neancWeglifi muorcper lei ^ quantunque mcchio CTpiutoftolegnodabrufciarc jche da piantare egli fu , lo che dubito di lui per la fòrza del da^ naio 5 come amante uado inue^igando difapcr co=. fa che io non uorrei , o per dir meglio Vl.ora deU la mia morte , che il di farà che Lucina uederò al le mani d'altri che di me , TcaU Cornacchia mio uatti prouedi dijèpultura , che il mio padrone {ha notte ha da dormire con la tua ed u Lucina . F Cor* Hi? di grdtìd non ti ttiorfolUzzo de mid dolori, dììììmi il nero , CT non mi dar qucjìc fiancate . TaL 'Bglie il uangelo . Cor* Comejlajtra ^ io non lo pojlo credere : parche io fo quantuni^ue U madre ne fuf.e per la cagion del denaio quafì contenta^ che ejia Lucina non uo^ Uuajhitir nominarlo . TaU A rgens fh tout Cornacchia . io ti dico che cefi alle giouani come alle uccchie' piace Voro , cT cJjicre= de altramente e zucca fcnza iicnto, egli gli ha mX dato a donare uinti braccia di r.ijo pauonazzo ferfarfìunauesleyCyuintiquattro di damafco, duecollane di uahita di uer.ti ducati Vundy aneUa, Valtra egli gli promette per fuo maritare quat^ trocentc ducati in banco . Varti eh e quejìi jìano partiti da lafciarejfeeglifufiepiu uecchioche mei chijidcch , più puzzolente che un ccf.Oj più hrut^ to che un diauolo , queste cojz non haurebbon fòr^ ZA di farlo parer diuimicinque anni yodorofo co^, me un mufchio , cr be^lo come un cherubino f Cor» O infelice Cornacchia con quanto tuo dolore ti duuedihora quanto [ciocchi fìano quelli che brd^ mano uiuer longo tempo in que^o mondazzo . O ero , che cofa non poitufare f gid non mi pare im pofiibile; ma fi ben iUrdno, er duro , che tu habs. hi bauutofòrzd di contaminare qusjia giouinettd per quel uecchiazzo , poi che tu fai maggior )«/- r acoli , quanti cauaUi , bujfali ^ cr cerni faitu ap pdrerebumini degni J'aggi , cr prudenti f (j' 11 per lo contYdrio quanti hiomim udorofi, er gen tifi faitu uppurer^ uilis fimi a fini f mijèro me per quante cagioni ho io dd dolermi dite , che oltrd il torlo che hord mi f^ij ch\ffer non può muggio^ re-ymai r.onuolfti albergar con efo mcco,nc md miuokiiiper amico » laljèttu che mi configli fra tello f taU Non dubitar Cornacchia , cVio uoglio che fifers. uidmo ambi doi di buono inchiostro . il mio pa=- drone, comet^ho detto ^jenza fallo fta fera alle tre hore dme andare a cafa di Lucina a piacere* Cor. Ahimè, tah Bt per quanto io comprendo , per non ej^er cono= jciuto , hora che la Luna luce , egli ci audard con e panni di Tranguggia parafito, CT rufp.ano co= me fai y ilqual e fiato qutUo c'ha guidato la dan^ Z^ , CT n'^ha beccato di molti quattrini* Cor* Bt s'io non muoio ne beccar x di molte baronate, jègueciochc hai penfato,che noi facciamo f^os gliarlo: VaU AfcoUamìy adefio io uado per un fcruigìo , mi prima ho da far portare alcuni marzappanit cr malu.'.fe a cafa di Najìdgia , ritornando acafa y io dirò al mio padrone , che cjla Nas ftagia mi ha impojlo eh io dica a lui^cht queilafè ragliuadaueRitocomeuaun certo fuo parente the fi chiama Ciruggia y il eguale jì^ole uefiire un certo capeUazzo,C^una certa jchiauinaroffa aHii galeotta * Cor, io il conofco henìj^imo , CT intendo eh egli e un mariuolo finisjmo , TdU Quedo e dej^o . E panni di Tr:in^uggid noi li ha ucremo benifiimo , cr con facilita grande : però che egli ogni ';2,iorno , come fi e bene imbri acato al Vhojì^ria del Sole ufa di dormire un pezzoj'u per € banchiy o doue meglio s^'ahbatie , bafiara che gli furi il mantello , Cf la berttta:che di notte ti pojio no dare maggior fomiglia che altra cofa^non ti mancar a poi una barba lunga polizza come por talui. Cor* lo lacomprendo o fai fetta mio 3O fratello, o Signor ' -^ re,o Ulta , 0 anima, 0 corpo . TaL "Et cofi /è'/ mio padrone deue andare alle tre bore, tu ci andar ai alle due ,fe ncnfaprai poi far e ilfat to tuOi tuo danno , iofo chefir ai aperto , cr Ja& rai collo in ([cambio pel mio p^(f rone, non fapenr. do ella la truffa come non puofipere , CT cofi per efferci cofi poco tempo di mezzo j come anco per ejler le co fé in concio talmente , che più non accade ragionarne* Cor* A me per quanto io ueggo non manca altro ^che il mantello , CT la beretta di T yanguggia . F4L A te non manca altro , ma ti manca bora a proue^ der al fatto mìo con foda . Cor. Ben hai ragione Talfetta mio . Voitu altro fé non che queUa bora ch'io {Icfio farò frlice, a qudVho ra medejtna anchora tu hauer il tuo contentof Td* Btcomejarapof^ibilef Cor. Io hopmilmcnte penfato uno iugdnno ilquale riu jcird hcnijiimo . Lajcuti ued^r hoggt alk ucnti 7" duehore, cr/è ft^x notte tu non hdfodadtuoi piaceri , di ch'io fia il maggior rubaldo che uiua, cr ajlasfina me d ogni co/a , che m'hai promcfo* Tal Vedi Cornacchia tu non men procuri per te , che per mecche tu fai bene che a me Ra ogni cofa. Cor* Non dubitar uanne pure alUfacer.de , cr lafcia U cura a me, che al cielo piacendo 5 (la notte [arem mo ambidoi lieti,^ giocondi ♦ Tal. A Dio, Cor, Adio , 0 fortuna, comcfei ueloce a girar qucRd tua ruota , hora mi haueui poiio nel fóndo di efja, cr in un [ubilo mliai girato nel più alto grado^ ndquale ti priego , che ti piaccia ch^'io stia al men perda notte-, che Je ciò fai^mai tìun fon piti per dolermi di te. Ce turni ufas fi tutti i torti che puoi ufare ad huor.io uiuo . 0 Y al fata , 0 Fa! fetta jìa benedetto il giorno che tu nafccsìi . poi che nd-s fciutofei per tornarmi la uUa in corpo 0 C7 ioti feruirò non dubitare : ma chi è codui 3 che uiene di qua f Sergio 5 cr Cornacchia , Ser. il mondo uà pure ho7gidi tutto aUa rouefcidy nif^ funa cofa puijifa pelfuo dritto, fé non il tagliar la carne , accioche anco qtieUd non fu tagliata co me debbe ej^ere , Cor. Per Dfo quc^.o è Sergio fcruitor dì Ippolito io uoglio fxlutdrlo j buongiorno ScrgiofratcUo*. Ser, Ben ti dia Dio , Cor. Oue ne ud cofi 5hujfando,<:;!r mminconico ? Sen lo uado a S. Marco , che il ìrào padrone m'uj}>ett4 crjonmaninconico per rifletto fuo » Cor. E^ come per rijl^ettofuo f Sen Si per Dio che tu non te'l puoi penfarCynan fai' tu che egli fi muore per amor di Cinthia, che promef fa CQia al tuopadrone oltra ogni doucre^^ ogni conuenienzat ej^endo egliuecchio , CT quafi des, crepito * Cor. Cer^o me ne rincrefce molto , ch'io amo aj^ai piw lì tuopadrone, che il mio-, perche egli e un giouia netto molto cortefe, er liberal delfuo . Sen ìofo bene che tu non Vamiper altro fé non, perche egUcgiouinetio^cr liberal delfuo . Cor* Po chi dice ad un ladro di uoler ire a me^a , egli Jì crederà che uada ajpogliare uno altare . Ser* Horfu lafciamo andare quejìe parole, dimmi pure fela ccfa cfattahomai,oucro fé fi può pigliare qualche poca di f^eranz<^ che do non habbi dd riufcire ♦, Cor. Fatta , impajiata, er cotta , domani fenzd un fai lo al mondo à laj^ofa , CT infegno di ciò mira, qmfìijòno quattro anella , che il mio padrone gli ha fatto fare, iqudi fu matiinaa buon^hora fon fato a pigliar dal gioiegliero CT mifonfcor dato di ponerli giù * Ser . O pouero mio padrone Ufcid ogni jlerauzd , CT Bio uo^Uu cheta non Ujci dncho U uitu . Cor. E Pofiibik che in dot ine fi che gli e in que{ia ter^ ra egli fi fidcofi fieramente innamorato in queftd giouimi Ser* Non fi può imagindr quanto ci Vamu CT quanto Id dcfidcrd . oime mi par pure che Dimodio gli faccia troppo grdn torto d non darla dlui per queluccchidzzo del tuo 'Pddrone.qu^fio giouinep k gioie che eglifiritrouò haucr culate in un giù pone quando fi) Id prefd deUd golcttd doue egli in^ fieme cÒtdnii dltri chrifiiani furono liberatile rie cOid^Ua bellezza poi io ne lafcio dar giuditio d fé, uirtuofo dnchord queRo fifdsfi che io rimango morto ogn^hord ch^io penfo aUa pocd prudcntia di Dimodio* Cor. Tdnto è fé egli fitffc ricco tdnto come il mio Vddro ne eglicredo Vhdurebbe,cr no altrdmente^cheben fai che più al mondo non fiapprezzd ne uirtune coilumi , md robbd robhd 3 che poi alla fine robbd cgnipidccre ^ ogni contemo inqueito mondo cr neWdltro ♦ Ser» hh fratello s^'ella fife cofifua figliuola com'' è fuà figliailrdyOueramentechefijfieuiud Id madre fua tu uedrefii che eUd nonfdrebbe mdritatd cofi inji licemente . Cor. Ineffitto nonfumdi mdtrignd ne pddrigno che uoUfie ben dicoredfigliaiiri, Scr, Mdfcioccd cr degna d'afidi peggio ] ara eUd , /e ' non fapràìi far fi che il tuo Vddron s^abbaj^l nello entYiXY dcUa portd. Cor. Che noi dir fargli ndfcerc un f Scr* Ben fui. Ccr. Qucjio Id natUYd gU lo infegnd * Ser. ììorftì Ccrnacchia, d dio io uoglio ire d dir ciò che dd te ho intcjo al mio l'ddronc. Cor* A "Dico Amore^come mi uiene d taglio che il mio Vddroneiiddd d Mijhehoggi a uedcr ifuoi cdudl li V non vtenifcco mecche haucro per quefcd cccd Jione tutto il giorno in ntid libertdjOnd'io potrò proueder CT dttendcr di fatto mioimd ecco ìppoli to io uoqUo entrdr in cafd ch^io nducglio che egli mi dfordifcd con ifuoi lamenti^ ne che n me intdr tengd d domdnddrmi de i fatti del mio Pddrone, tnimarauìgliocÌK egli non hahbi incontrdto ilfuo feruitore tfiendofi hor hord qudlo pdrtito di qud, VHd debbe ejìere ito p^r Vdltrd cdìk . ìppolitofolo* Qujìpdrole qudi fojj[>iri fdrdno che posino gid mai dimcfìrare al mondo purte deUd pafiione ch^io per amor 'fopporto f Mifrome poi che in cop sfortuna o punto ndc^uichc mi comiene ^co= mecofd dolce cr foauc ^ defiarc 5 CT chidmare la morte : laqudl benché il più dellcuolte foglid ej^er forda , cr t:irdd d chi più infvUccmente uiue ^ non credo p^rò chefid molto lontatu dd me fé i fegni ch'clU ir tVetiiifuol dure nefli fuduemtd a mefolo non men tifcono y md ucnga toRo che manco cruda farà, ma ohimè ceco chi mejapra dar nona deìia mia dolce Cinthia eccj U balìa che efce di cafa, ahi maligna forte a che mi conduci f quai farebbe colui che non fi raìlegrafi^ altri che /o> mdendo cui gli potè f e dar noua ddVamata , q«e/io e perche cfrtipimo fon di nonfentirfc non co fa che mi apporti dolore C:riaffanuo wfopportdbile,ma di che pofi'io pit4 homai temer s'io fon gionto a quello estremo c'huom può patire . Balia cr ìppolito» Bi. Buon giorno Ippolito . iddio contenti ogni tuo defiderio, Ipp, Il defidcrio mio balia dolcifima farebbe di mcri^ re, ne mifo pznfar cofa che di più utile o piacer mi fòfie chela morteypoiche in tutto ho perduta la Jj^eranza di confeguire il mio honejlo defìo con Cinthia miatche era come fai di pigliarla per mos glie . B^, Anchora ci èf^erazd e le nozz^fon promeffe in fi dey ma io tifo dire che ci farà da sbattere però che la fanciulla non ne uuolfentir parola , CT ha gius, rato di non uoler che altro mai che telefìa con» forte . Ipp. hh balia mìaq^uellctueparokiofocheticfconodi bocca cr le ragioni piu tojh^ porgermi qualche a cofvrto che pchefia cofi come dkii^di cjueRofon io piuchc [kuYOychc lofo et tufdper lo deijchc Citi thia e gid quufi mezZ'^ coutd di pigliar il uecchio, detld qual coja ti prego fammene più ceno,ne o non crejcera dramma giamaijcofi e egli giunto allo cjiremo. Bdé Quello c/j'f 0 t^ho detto e lo euaiigelo c^fii purjìcu Yo che ella già mai non pigliera fc non per fòrza. ìpp. Et di quello mi ramarico per la pitta ch'io ho del lafux jcontentezz^ * "Ba. 'Et di quejìo allegrar ti douredi er ringratiarne infinitamente la fortuna jche non potendo hauerla tu per moglie Uhauefieuno il quale eUa hauefie in odio quanto la pijìeinon conofci tu quafi ch^io non difiifciocco.non ucditu aperto e chiaro te efiere per douer efier filice in poco tempo ifiendo Cinthia maritata a queRo uecchio ranciof quando anco eU la non lo haucfie in odio come ha f nonfaitu bomai che le fanciulle fono p'u prefie afarfi la croce fen^ tendo nominare un uecchio che le pmzocchere dee- note del cordone udendo quello del demonio ifii pur certo quel uecchio che ha moglie giouane, che fé egli hauefie giocchi d'Argo ei portar a la bere td che non gli toccara i capegli^O' dicafegli quec fio da mia parte fi che ài lieto CT non fofpr arche tu hai cagione di gioir come heato,^ tanto piuhd uendoconcfinh'iil mezzochehaueraiiche ioti puro che fin ch'io haucro ulta mai mninon fon per mdtìCiirtL Ipp* io ti ringratio del buon unììnOjmd poco per lo du^ uemrc vii potrai giouarc perche il uecchio cornee unturx de pari juoi tic diu':rrk juhito tanto gelofo che ne te,nc altri fi lafciara praticar per cafa, ma che dico io de uecchio chi non jarebbegeiojo di cofì bella crcaturaf CT non pur de gli huomini ma del joieanchoraf BiU Eh tu [ci gioitine ^ non fai turni perdonarai doue li dianolo fi tenga la coda. Sarebbe meglio che colui che confumailtempoin far guardia aUa moglie jlofpendtfie in pregare Dio che non gli U fiiajk entrare in capo di far makichc aUa croce àdfignor mal uifipuo riparare quando uiene uo glia ad una donna di far wu jlca uogUa^donna an^ Ella e una beliia che nefajhejio deUe altre . Ipp. Tu mi por gì confòrto balia mia cariflimaima io ti giuro per quello fui fcerato amor ch^io porto aUd mia cara Cinthia che no in uano mi haucrai prefo amore,a' no in uano cercar ai di metter fine aU'àl morofe mie pacioni» Bu. ligi uolo mio caro quello ch'io faccio quantunque io pouera CT con una figliuola da maritare mi ri trouiyiolo faccio per puro z^o d^ amor chHo ti poitOya" cofi iddio mi aiuti come io r'umo al pa» ro della ulta mìa, CT come fcmpre ((CT meritarne ft te ) ti lodo , er ricordo alla tua cara Cinthia. Ipp* lo ho caro d'hauer intefo c'^habbi una figliuola, da murito,g che tato più maggiori uoglio che fìano e G ij piaceri eie dd me riceuerdi hducndone dncho mdg gior btfogno f>crfmil cagione ♦ CT giuroti per qud maggior giuramento cFiopcj^o giurare che jc ti da Vanimo ch'io parli ita fera con Cimhiaydi darti domattina lamMd della dote che fi conuies ne aduna giouine dd bene , cT di qualche confides ratione . ìppoìito figliuolo (Quando io poteffefar quefto^non bifognarebbe che ti dij^onefii tu a difioner me con doni a farlo chefenzd più io difiojìifimafuifm^ pre dal di ch^io ti conobbi a farti ogni piacere , co fimi piacquero i tuoicojìumi c^latuagetikzzd: maiononci ueggo ordine'jVund perch^io conofco Cinthia tanto honeita ch'io no fon benficura di pò terla diJj)onere a quefco quatuquz ella t'ama incre dibilmente , Valtra poi Dimodio il uecchio dor- me in quella camera terrena doue tiene lifuoi dena rij^ha ilfonno cofifottile che lo fuegliarebbe il fi lentio,fi che io nonfo come mi gouernar^ ne che ri ffiondcrtisueche prometterti ♦ Baliamiacara ogniuclta che turni premetti di feruirmi dal canto tuojnci faremo le cofc che pajjji ranno fecondo il noflro defderio^ lo ho detto che maimiuedero fatid di farti ogni piacere che per me fi potrà . Variane una parola co Cinthia CT promettegli p parte mia che Vhonorjàole fera feruatOi CT digli cFio le uoglio dirfol uenti parole , CT che fé ella mifafolque^dgrdtia^chHo mi chimaro fcmprt i7 ben rhnunerdto diUdJèruìtu o* dmor ch'io le por to.O'uedi di far fi che sUafi contenti^c^ doppo de finare uiaii ch'io t'afpetterò d caja er duroni und polucrc che fard dormire il uccchio qudnto noi uor remo , o'jecondo Vordine che dd te mifird impo fio io ucrro in queìld guifd cr d ([uMord che uor Ydi , er qucilofifardJenzdfoJl)ct:o alcuno. "Bd* Queiid cofa mi piace molto cr p^rmi mille dnni ch'io torni da Rialto per far Vofficio con CirithiiC cr gid mi pare di uedcr Id cofa riufcita poi che dct to m^hai di quella poker c^md in che modogliU pò tremo noi far torre f ìpp* In uno bicchiere di uinOid que^o non ci fard difs ficultd. ra» T^enisfìmo penfafti. horfu udnne per lefacende tue, che io dnduro d comprar certe herbe ptr dcfinarc cr di ritorno mio faro V officio, Jpp. Horfu ddìo io mi ti raccomando* B^. Vdnne dUd buon'hordy quantd pietà mi porge U uitd mi fera che mend queilo giouinetto per amorcy certo elld e tanta ch'io non pofiofire cWio no:i opc ri ogni cofd 0 lecita 0 non lecitd per aitarlo, ne può iffauentarmi periglio alcuno di cof.t che potef fé accadere in danno mio, fi che donne mie care io gli faro ilferuigiO)pcrche egli e giouine che lo me ritd, cr tanto cowpasfioneuoljono eh: anco a ogni una diuoi lo farei s'io ne fò fé richU^d.a noi fio. il comandare^ CT io fempre ui Jeruiro con cuo re cr ottimdmetite ^fuor di que^o fé dkund di uoihdmfc bifogno di unu bdid dccomodatiue di pie mentre potete^ch^io non ucglio per niente iìjir più con Diwoifo perche egli non mi fa,ne mai mi fice il mio douerc ATTO TERZO. Togniolojblo . Bouc dìauolo trouaro que^o Medico , che ri^ troiuto non Vhò alla]}cciaria ddua fantajìna , ne alVhoj^itale di coloro che non fi poj^ono guxrire: uenga il cancarc a lui e quanti fé ne ritrouxno di quesca radice, io non fono fiato in beccar ia, che fòr JePhareiritrcuato intalloco, per che fono und frotta che fanno meglio curare le uitelle morte del mondo . O ma chi e ccjìui che uiene teiìé ueilito dt rofo come Ui (iiua quel cardinale che Var,o pajiato diede quaranta giorni di perdonanza a queUa uec chia 3 che gli lafcio bafciar la figliuola f io gli uo glio dimandare fé egli fa dcue e colui ch^'iocers. co , chio credo che egli creda faper pure ajfai coje» O I4 O hucmo faitu lettera f leggi un poco in que jio orinale doue è il medico che io uado cercando* Medico er Togniuolo» Med, Che beftia,uuole ch'io Ufappia dire doue é il Me ►^ dicuch^egU cerca guardando nerorinalc iah,(ihf ahycUeiltuopddrone. Tog. io non ti dimando quc^o . Med' O che pazzo y io lo dimando d te, Tog, Anfifi tu lo domandi a mcfil mio pirrone uà mal ti giorni che hauendolo ficcato in una guaina ^ un fòdrointendif egli per che il fidro , la guaina faif era larga faltòfuora ; e fi quafichho lo perdei, Med, Iddio m'aiuta , io non dico pirrone ne stccco.io di co chi è il tuo padrone balordcf il tuo mif^ere f Tog, Taci ch'io t'ho intefo la nojir a mafiara è unajr= mina . Med, O doue mi fon io ahattuto hoggi , io uoglio per ogni modo uedere doue, ^ con cui ita qucilo ani-- male, che mi pare d'baucrlo udutoakrouc.io non ti dimando ne di Maj^ara ne di madonna , Tog. A malata ila la madonna , I^led, A pxopofitOiio dico chi ti manda a torno con que iìo pifcìo f Tog, Della mia padrona diauoìo è quefìo pifcìo . Med. A Uà riutfcia ogni co fa , Tog. Qucitoebenueroch'ionontifaprei direfe ella l'j ha fatto alla riucfcia,od aUa dritta . Med. G che penitenza . io uoglio prouare in ogni gai ja^chi e la tua padrona f Tog, Vna donna. Med. lo mi credeuo ch'ella fòfe una uacca . Tog, Se ben cUa è una uacca, è una donna come le dì tre pero. Med, Qucjìo fi può tolcrare , L .mi com'è il fuo nome f Tog. Citid inthid . Md. O dUuolo pur lo diceili . mi pircud pure di ha^ ucrti ueduto altre uolte cr non mi ricordano do^ uè . ìacinta noi dir tu e,il tuo padrone Renzo ef Tog. cfifì,tuVhaifa'f^cofi alia prima ml:aueili detto, hciureiìi faputo già buon pezzo quello che fai adej^y che uengd il cdncaro a te che non me lo dimandatili, Med. Hor/j^ Ufcia andare CT tira d te^che Idfdticd ejla td mia . mo^rd que^o orinale . Tog. Tieni» Med, QueRdorindecaliddCT fangmgndi V ({uefii gioudne hd bifogno dd coito . Tog. Tu te ingdnni-^eUd non mdngid altroché di cotto, gudrdd fi ella n^ha bifogno, per infìn la carne ma già cotta , cofi che nonfaceua un^ altra mia padro tidjche w,i toglieua per infina la mia ch'io portaud perme,fuorddelceftoyO' jeld mdngidUd cru^ dd crudd . Med. Benifiimo.horfudirdicometidicoiod tuo pd^ drone. pxdrone il medico dice . To?. Vddronc lì medico dice , Med, Ldfciami prima firdreafino • Tog. Lafciami prima finire afino^ LUd, Ti uen?a il educar 0 buffalo» Tog. Ti usnga il educar o bujfJo ♦ 211 e^. O diauolo» Tog. O diduolo. Mei Taci. Tcg. Taci* Mcd, Leuamiti dindnzi goffo , md prima piglia^ que^ ilo pugnò . Tog. Lcuamiti dinanzi goffo , ma prima piglia il con= tracamhìo . Mei. Qucjìo è un matto dijj^iaceuoUjmcglioéchHofùg gd il rumore ♦ Tog. O ola douc ne uni , o o «fw p^trofi cancaro io fon rouinato . O mefiere uien uieni infegnami una ris tetta per U mia hor falche fé tu me la guarifci del male ch^Uaha *y io benedirò fempre Vanima tua^ cr pregar ò per lo corpo crche Dio i fanti le fan te CT tutto il cielo CT la terra fiafempre in fauor di quanti medici fi ritrouano^ Bimodio cr Tognuolo . Di* A beRia , a balordo . Tog* O padron tu cifei e f dout ne uaifuora di cafa hai tu definito f Dii Bouefeitufìatofìn'hora be^ia f Tog* A cercare il Medico . D(. Ben Vhdtu ritrouato . Tog. Ma non fo io , ho ben ueduto uno huomo CT degli altri anchora. uno che fomighaua un Cardinale mi ha detto che tu patrone , il medico dice che tu feiuno a fino , ti uenga il cancaro buffalo, diauolo taci kuamiti dinanzi* H DÙ Ben melo fdpcuHo che Ucofdpirehheitdd quejlo modo * SdYd Bdtu inumtionc dcUa mdjìaru man^ ddr quejìo puzzo in qticsìo fèriiitio accio che il Medico non fi troui che difcuoprd le nidgagne^a* dicd cornee uero-yche Cinthidnon hd alcun mdle :o . -jT forfè dnco perfdre qudkhefdcrificio che coùui noi uedd , che flmplicemente lo ridice poi dd ogniuno O quejie rubdlde qudnte uolte nidnddno dnco i lo YO fdnciuMti fuor ài cafd , cr qtidntunque dudrif ylC finte jìdno, gli ddnno ddndri ddl])endere d ciò che più uolontieri ci uddino , CT cifìidno , perfdr co fé bditd^ tifo dire che elleno ci tengono d memoritìi che i putti e i poUi imbrdttdno Id cdfd . Md ecco Tdlfettd . Yd in cdfd beftid . gudrdd che diduolo di humore ouunque ud mendrfi Id cdrriuold . iJJettd CT Bimodio . Tdl Buon giorno pddrone . /'CI Bim* Tu Udi molto d uenire , io hdurci fdtto un miU .^uT lionediferuigij » IdL Mddonnd GiroUmd non era in cdfd , cr hd bddd .', : to un^hord , CT più d torndre . Dim. Ben hditu pofio buon ordine dUe cofe noB:re f Val Benijìimo, Uoportato Id nidluafid tndrzdpdniyco .vr^ r fittila* miUecofe dcdfd di ^Àdgir^UquAe mol tofì Ydccomdndd , cr Ufiglinold dnchord* T>im* Di grdtid dimmi il uero , ddunque uedutu Vhdi f ¥dU Benfdi , CT per midfidc eUd.émd beUa^a' gentil 50 fjnciuUd i er mi pento di ciuanto mdt pochi gior ni ha ch'io ti dijìi di ki , mi ifcufumi io hauer an chho dato crcdenz^i ^H^ parole di male lingue, CT Vefiere anchorajhnpre jiato tradito da donnesche mi fa credere ogni mal di loro ♦ D/m. EUa è beliifiima an Falfetta i lai Oimc y tu l'afilice : ma odi mentre io me lo ricor^ do , Ndjtagia m'ha detto , che per niente tu non ci uada piutraueiìito fecondo Vordine : ma, che tu ci uada in habito di quel certo fuo parente , che ji chiama Ciruggia, cr queRofarà a te facilisfìma cofa 5 che una beretta aUa galeotta, CT ««it jcbia= ulna rofia intorno come porta coluii che moko he neilconofco, ti bajìa: <:j farà meglio^che poner^ ti in doj^o que panni carchi di fufcidumme , cr di graffo di quel poYcodi Tranguggiaiilquale Dio ja fé perautnturain tutto hoggi uzderaipUr Diw. Poi che coft gli piace , io gli andarò in ogni guifa^ O'ci andarei in pezzi per la mia cara Lucina:moilo un Tigre ad amarti . Ger» Che gii haitu detto il mio Italfctta gentile f lai MiUe cofe buone ^ cr prima che tu non arriui afet tant^anni . Ger* O dianolo tu m'hai rouinato , io non ne ho la meta torniglilo a dire ♦ VaL Gerardo tu mi perdonarai 5 tu non la intendi, k donne uogUono i mariti, 0 uccchi uccchh ogioud= ni giouani . Gcr* La cagione intenderei uolontieri » ¥aL Basha io non fo altro, fo ben che da tnolte d miei diVhointejodire. Gcr* Se buona co fa è per lei ch^io uccchio fia, io ti rm» gratto : ma fé tu non gli hai detto di meglio , io nonfo come cofi tu Vhxbbia difjpo^a ad amarmi» fdì, O io le ho poi detto che tu hai detti dinari affdi t il che gli piace fommamente udire ; CT piace a tutte le donne , cr uecchie^c^ giouane t credilo d me, che io ne conojco pia d^un paio in quefìa terra, che non hanno ad ogni lor icoglia bi fogno di cento feudi jche per dieci , cofi piace lor VcrOj hanno uol tato la fchiena alla durezza, CT tutte dolce , CT manfuetefi fono piegate, cf date in preda a chi per un million difoj^nri , c? f ^ ^ «/J ^W4r dilagri^ 3i me,non lu maihduuto pure un lieto [guardo, Ger. Imparate amanti qucjìa ricetta ad amore . lai , Si che mra è quanto il uangelo , delfuono delli fcu di uogliono chefìano lor fatte le mattinateci::^ non d'Arpicordo , ne lento, ne canti , necogìionarie: ogni altra cofa hanno per niente . anzi ti uoglio dir più , che quijie tal fonate le fono odiofe,-0' gli fanno anco ucnire in odio chi gli kf^ce i^re. Ger. Tu dici il acro per mia fede , io mi ricordo già e/ fendo giouane ch'io ne fvci fare una delle mattina^ te ad una ch'io uoleua un poco di bene , ^ elXa a me , che doppo quejio , mai mi uolfe più ucdere, CT fòrfe^ch'io non durai di molta fatica a racoz* Zareinfieme quei Mufici, ch'io uorrei inanzi ha uere a condurre quattro poledri faluaticiyfuord di un bofco , che un muficofolo a fare ilfuo efier* citio , le al Di gratia non mi dire che pena è a ridurre infiemc ceruellidimuliciych'io nefaprei forfè ragionar quanto te, er più perche hoferuito in Yrancia un mufìco deUa mae^ayil cui nome no mi fouuiene. O Dio che bizzarrOychemattOj anzi cjjo tronco,efr fa radice di pazzia, er credo chetutti fano d^utt panno , ^ di unalana . Ger> lo non uoglio già dir tutti: ma della maggior par te concederò bene , che noi haumo in queftafrlice terra j che 'Dio mantenghi cr/pltcifi,(o ecctfle/j» tisflmo Adriano Veuilaertjlquale oltra la pcrfèi tioneche nella fcienz^ deUumufcaegli ha i chci tdìe , che nonjQ)ldmenU[i UfcU drUto qudnti hdn no compofto ne ijlcoli p^j^ati : ma non Ufcid ere* dere che mjìuno per io duucnire lo poffd dggud* ^liarc gUmm , e tdmo cortefe, tanto gentile , CT cofipiaceuoky^tnodejìoychefi può porre per uno efianpio di tutte quefte altre uirtutL Md ha Yd che mijbuuiene di Niufìci: pafjdndo d punto no ha molti mefi per Firenze dìloggidi con un ¥rdn cefco Corteccid mufico difud BcceUentid ueramcn te anck'eglihuomo molto perfètto in tdlfcienzd, CT tdmo cortefey er gentile che è und mdrduiglid che dirò poi diun Antonio dd Luccdjonator pus. re dijud 'EcceUentid huomo di tdntd perfvttione nel leutOi che non troua che lo pareggi in Udita, nefuoref C:/ di cornetto fimihnente y O' di molti altri injìrumenti ♦ que^o con tuttd quella rdra compagnid dijònatori dello ìUujìrij^imo Ducd,fo no tdnto gentili , tdntofaggi, che per Uio fono più dmati nelld conuerfatione j che nel loro dolce, ex joauifiimo concento yilquale fanno cofì mird^ burnente tutti infìeme y che dd tutti fono giudicdti an geli difcefi dal cielo y fi che falfettd ogni uoltd che tu parli di mufici j parla riferuatamente , che benché la più parte fiano pazzi j CT infoienti , ce ne fono pero af^aianco per la Italia, z^T fuoreyche fono faggi , moiejil , cT gentili , comejono que-s itich^io t'ho nominati . Fitf. Tu hai pur detto poco inndnz'iy che più toHo quat tra pokdrifdluatici uorrejìi guidar fuor d di un bofeo 3jf hofco , che un mufxo d fondrcyche fe^r.o e que^vf Gen LajcUmo andare , io dico uno di cjueUifChe nonjo no come quciìi . Vedi come fi trajf'Orta Vhucmo di uno in altro parUref noi cominciasfmo di Cin thia C7' fìdmo mtratiin mufica ♦ Val. Buon jegno . Segno di nozze)mdtti CT fuoni dnf Gf r. Che dicevi ahrc bene di me a Cinthia f fai M lUe altre co fé , che tu ^ai ritto {opra la per fona come un giouinc di uenticinciue anni , guarda, che lode e queiia • Cer» Ben facceli , eT" dicefìi anco uero , che in giouen= tUy ne in uecchiezza giamai non mi piacque andò, re ne gobbo , ne carpone , dUa bdrbd de i gioueni d'hoggidi, che l'hanno per und uirtu, CT ne fanno prcfèfiione di qucUo piegarfì 3 CT dndar pì'gd^ toneUd Jchiena, CT dicono che gliefegno di fòr^ tezzà. P4L In effitto tu Udì dritto come una falce . Ger. Come una falce f Tal Voljì dire come il manico di una falce , Cer* Chi e ccM che ne uien tijiè mr noi f tu c'hdi mU glior u'jìa di me ; mira di gratidfe lo conojci . Faf. CoM è Id nojlrd baila ♦ Gen La baila f Tal Sich'elldédiPd, Baild , Gerdrdo , VdlfetU * BdL Buotì giorno Gerardo morofo* Gcr* "Ben uengd U mid cdrd hdild , de douefi met^t che hditu in quclld cefìd f BdL lo uengo dd Kidlto, che chi ?icnflne diletta non è utuo* "Bai. Bajìa a hi piace eiìremamente. io mi ricordo , O* non ha però molto , che Dimodio tenne in cjifa ai loggiato p alquanti giorni uviO uccellatore, che hd uea il più beUo,^ il più leggiadro fparuicre del mondo . ioti giuro fopra la mia fide^che ella il te neud tutto il giorno in mano , CT gli japeua me= glio cauare cr mettere quel capeUetto che tengo^ no in capo , che Vuccdlatore i^cpo , a conciargli tfònagli^ darle pa^ura sfargli ciò che gli bi=. jògnaua * Ger. Di qmjhj^aju non gli ne mdncdranno , che oltre Id contentezza ch'io hauerò di contentarla , anco d me^piacciono fimili piaceri* 'Bau 'Delhenuejìire non uoglioV allegrezza ehe eUant fènte dire , che fu,cr tutto il mondo credo chejap pia homai^che per andar bene uejìita una donnd furehbe ogni muìeym U l^:iuentdrchhe periglio mffuno.ndrejìo poi vii pure che Vhuomo non fi pojjd goumiarejè non bene^ che unafèmina meri^ ta ogni mde , /è cficndo da parfua benìfi imo ucfli td , CT hducnào tutto qud piacer di che ella più fi diUttu ; non fi contenta poi , Ger* lo non dubito punto ch^cUa non hMiafempre da chiamdrfi (òdis fitta di me^Cofi piaccia a Dio che io ne pcj^i hauercuno hcrede almeno , che egli fa che per altra cagione non prendo moglie . che fé glifòj^e piaccialo Ufciarmi quello che egli mi dies. de con la prima :^ io non mi farei marnato più in eterno. Bai, Tuhauefti un figliuolo conia prima conforte f O" che fu mori è f Ger, Che egli morifie nonfo , mafo bene ch'io Vlìcbbi, CT hauendo egli uno anno a pena , la baila che lo lataua fi fuggi dietro ad unofuo innamorato^ cr mi porto uid il figliuolino, che ella amaua più af* fai che fé lo hauefie partorito er generato delfuo fiefo [angue . iofici ogni diligenza pofiibile per intenderne nuoua . ma mai ci fu rimedio . Dops ffo poco la moglie mia di mamnconia morifii an^ ch^efia : ond'io come dif^erato cr preuedendo U guerra che douea uenire nel piemonte ucndì ogm mia ricchezzdiO' qui mi ritrafii in qu^fia magni fica citta di Vinegia nero albergo di fide^di giun fiitiayZT di mifericordia , madre cr nutrice d'o» gni buona opera * . 3^ ^iti. GcYdrdo per VdnìmcL di mio padre che mai più no ho intefo eh e tu habbi hduuto figliuoli, c^mi duo le nel cuore de tuoi dolori^ benché homaifiano paf fati * Gen lo ti ringratio , cr Jò che tu mi ami : ma/àpi che tu hai da conojcerc un giorno chi è Gerardo , er quanto egli t'ama.uanne er racccmjudami a Cin thia , cr digli che (tia di buona uoglia che beata lei, lo jènzafullofubito che ho mangiato mene uado a Meilre , che àfono giorni cerei mieicauaì licheuengonoditerratcdejca , io uerro sìanot te ad ogni modo , CT domani a Dio piacendo fa= remmo le nozze i mi raccomando . "Bai* Torna [ano . O co^lui che uicn in a^ua uesìito al la galeotta deue effere uno paffaggiero deUa nauc diBurchieUa , cheapuntomtrò quefta manina in porto . uoglio andare in caja prciìo prcRo che egli mi potrebbe facilmente dimandar di qualche {irada , come fanno ifòra^ieri , cr mi intrateìu^ rebbe anchora un pocofopra la ma , dcue pur fo^ no jìata troppo, Ciruggiamariuolofolo . O arte gloriofa, o uita felice che e quella di noi altri ftirbi , chi potrà giamà con ragione hia fimarla f anzi chi potrà giamai Icdcufla a basìan za f chi fa queBa arte fé non genti di fottilisfmo ingegno , di grandis fimo cuore , cr di mirabilisfì md deRnzZd f C dppreffo di eilrcmdjvrzà f'chi potrà dire che noi non fidmo i ueri imiutori di gràndisfimi principi f faccia fi innanzi chi dir uo le che qui^sìa profifiiont lecita non fia.a questi tdli dimandarei fé queRo che s^acqui^ia conjudo^ re i è honeiìamcnte acquifiato f certamente altro non potrebbono rij^ondcrefe non dir fi che egli e honejì amente acquiitato , che fi fa betie che il mari naio per altro non guadagna lecitamente , fé non perche egli ej^one la uitafua a milk fatiche, a md leftenti , CT a miUe perigli al giorno , CT jè quc fio è^che vonvii fi può negare y chi dcqu'jìa piu fantamme di noi f che a un chiaro feren patimmo vnlìe tempeùe ^ cr mdU fatiche , CT continuamen te con la morte fcherziàmo f hora Jagliendo aUe ìuminofe,^ hora camuffando ilampanti alfòrU no y e/ hora menando i piantoni per U calcofa in nanzi dì peuero , ma chu uado io dimciirando per i pericoli che fcorrumo tutto di^Tarteno^ra ef= fertfantay er buona f nonfiuedeche Dio ci ama tanto, che qwafì a tutti noi fempre diUa morte «o« jlrafafapercilgiornof O furbi in cielo CT in terra beati (y fvlici,mji ecco i quattro cerchiojì che io ho camuffati al fòrahiero^ ilquale fecondo che m'^ha detto il m'o compagno che rebeccò éfuo contrapunto , uà co i Birri a torno per farmi met ter nella trauagliofa, iofo che ucrranno di quinci oltre , che me lo ha detto un birro mio amico , che molti ce n'haumo de birri amici^a i quali riffotts demo 33 demo di molti Umpdnti j pero io uogUo fcnzd dire altro Jld mia purentc Nu/Ì4g:4, comprare il porco uerfo la boun della jauta) che qmiii ^ at tro cerchiojì mi faranno lej^eft di molti giorni ATTO Q.VARTO* Cornacchia, er Falfcttx* Cor. nord che il mio padrone e ito a Mc^rejo uoglio ritrouire li mio dola filmo Faljkta^ CT mecter migUcr ordine perche igU , CT io non perdiamo hoggiqueiìa beta occafione che ci porge il ciclo, onde rechiamo contenti de il maggior nojlro defi^ derioma eccolo a punto che u'en fuor di Cdja* O Talfettd huonft nuoue , buone nuoue ♦ Fu!. Io /ò CIÒ che tu uoi dire * Cor. A jè non fai. Tal Per Diofifo, il tuo padrone uà hoggi d Mejlrc. Cor. Anzi egli ci è dndato , chi te Vha deuo t fai. La balia iwjhdy che lui Vha detto a lei: mdtu non pi che dallato mio ho fatto ciò ch'io dtbbo fare co'l mio padrone f CT g'* ho fatto credere che Ni ftdgid m'ha detto, che egli ci uada traucftito come; uà quel mariuolofuo parente , oni'egli m'ha im= poilo ch'io gU ritroui lafchiauindy C7 Id heretta, CT per queRo me ne fono ufcito di cafu , ma di me che riufcira f Cor* Qwcfto ch'io ti dirò . tu hai a fdpcrc che Soda, mi K dmdoÌLYd modo , er io hducndo denato il core d chifai,md ii kifcaldaco mi fono , eoli è uero per dirti ogni cOjd , che cojì con quAchc bufato , CT qualche carezzettamifono wtratcnuto jìn hora con effd , fai Per il primo troppo non mi garba . Cor. Mahoggi^ptrfirtilèvuigio^hopOiìo ordine, che Jla fera, che non ci farà il padronCyUolerla con tentare y cr accio che la majjara uecchia non fé n^habbia auedere fi fumo acordati chHo moftri di fiarfiwrafin alle tre bore di notte per fcruigi im portanti al padrone , er poi ad una hora di notte ■ fare unfegno ond\Ua intenda er apralo' in quel la camera terrena al buio ,fenza timore dicofa al cuna slìabbìamo da godere un pezzo* ¥aL Nella quale molte uolte goduti uifete. Cox, Non mai, per lo amore ch''io ti porto» tal, Queilo importa poco , io non la uoglio per mo» glie , V altra io ho denti mal ufi a mahegare [ì fai di bocconi . Cor. Si^yad ogni modo io uoUa difinontare, diffe co^ lui che cadde del cauallo* lai Horfu c''ha dafeguire f Cor* Tu ciue^haferd ti uejiirai i miei panni , cr a l^ho rafopradettd anderaiafarilfe2noch''ioti dirò poi, c::;^fuki[o far ai aperto , CT fenza dire altro come megUo ti uerra commodo , neUa guìfd ch'io m^apparcahio fare, f^rai tu il fatto tuo , non di4 hitarechc ella faccia rumore é^ - 34 Tal lo non dubito di fALJlo, pur che eUu non mi cono fci iniunti ch'io] putì. Cor. Come inumi cIk tu jputi io non ti intendo. Fu/, iv lofure uno incanto con lofputo che ogni uoltd ch'io nonfun conojciutoau^it. ch'iojputiinon mi può mai in fìmili cajì dmmrecofi in contrario , Coe« Tu adoperi lojpuio a far V incanto e f laL MMtnentc potrei farlo jcnz^iymddoue fi trou^ remo noi alle uintidue hore. Cor. _.Aileuìntiduehort^fj.di ejlerejèn^ct /dllo doucfl ucndor.o le mdungolejjii f Irai Si fi doue Vi ufi incapxrdrc i pipionl, che apunto Ufi u^ndonOy ^ fi adone: ma nonfarfjUAO.pir» che io metterò ordine con Zene,o famiglio dcU Phofte dei Sok,che imbriaccdraT ràguggia, che apunio come mlu detto Vim'jdio ci defìna cju:fld matind con unojuo c.mico,e poi Vandcremo irfies me il dìjpogliarech'iof^ro checglilofcrrdra in und camera ddormire, doue noi potrmo fare il fatto noilrofenza eifer ucdutu Cor* Ben pcnfàftì t horfu ui cWio non macaro di nulla* TaL ìouadoadio. Cor* Adio cojiui e pur trifio Santa Brufiana : ma ere dccheaqucfta uoUa non gli gìouerar.ìiole \ue giot- arie che indarr.b egli caricara labakitra. egli fi crede , pazzo che glie in quciìo 5 chi'o uo glia priuarmi ddU mia Soia per darla a lui. per T)io alla fin fine iferuigii di cafa fono i dolci CT i jòaui^Vairanonbifogna ch'io fp^ri da qwfiìi K li notttindUtrohdutrmdipiuLucind, doue U mia joda mal mai non ukne al manco , cr mifajerui^ gij in miìk maniere y CT in miUc modi, CT io ne faccio a lei . io le ho narrato il tutlo,0' in ch^ gui fa Falfetta ciuoleua andar fta ferd^ejfd uokuafar gli una burla piaccuole^ma io non uoglioche egli gli capiti nei piedi ^ chHo non so poi core il fat^ to andarebbe^k fcmine fono troppo tenere di caU cagna a dire il uero . lo hauuto che heranzo{la. Jppo* Io uado iddio ti dia mntura. Vamphiloy cr Dimodio. p^m. Dimodio iddio ti dia il buon gio rno» Di, O Pamphilo mio yO'au miìxe buon'anni , onz ne Udif Vam, lo t^hauea in cuore^ CT uolcuo ogìd modo ritro» uj.rtihoggi* D/. 'Benchecedinuouo, Vjim, ìoiltidirofctumiajcolti* Di» Incomincia* Pam* Dio fa Vamore che fin da teneri anni , ne i cmilijì famu infieme alkuati zj nudritijo t^ho portato, la qual cofd ti dcurafar credere che ciò ch^io ti ra gionaro jlmpre lo diro con animo [incero, CT i7i= cimato a PutileyZ:;'honor tuo. Di» lo ti ringratio cr nejon ficurifiimo, Pam, Quel ch'io ti uoglio dire é quedo che uno ottimo partito m'w' capitato alle mani per maritar tua fi gliahra* ' Df . Senza più il mio Vamphilo tu hai dafapere , che Cinthia e maritata. Pam* Come maritata cr m cui? Dr» Irt uno eh eUdftrd heuUjn Gerardo uolplno pie mont'M' ricchifi'mo d unnd tome fi fa. Vdvu Quel mcchiazzo f o dio come gli huotnim perdos nòilccriiello. D/» Che uecch u^zzo f che perder ccrueUo , tu er tutti gUaltriche di ciò mi riprenderanno diro che hab bine perduto il ccrucllo» Vdm* Tu Hcrr di f.rre come {jueUo altre che Cdcciò per forza Idficl'uold d l?.nto cr ha.jìd^cke eUd glifè^ ce Vhoncreche c^liraedemo fi feppc procdccidre, che Tdgìone mi uorrdi tu dire che fU buona ptr farmi credere che fìd ben fatto marit.ir Icgiouane in uecchi r chi ccfitma c^ucfto altro che coloro ^ tu me perdonerai -^che non fanno ftima de Vhonore f Ttù P^r tutte le ragioni la giouane ita meglio manta , td d un ucccUo che ad un ^iguane* Tarn* i:inneun.u D/» "Primamente la^mogUe di uno giouane non può ha, utr giamai bora di ripofoy perche oltre la geìojìd chea fòrza le conuiene hauere per le infinite ca= gioneche eglitutto di gli porge , col ilare conti^ tiuamente fuor di cafd , che ben fifa che i giouani nonfi ucjlicno fcpelire'in cafa ^ conuiene ancho chetila (òpporca infiniti oltraggi per quella che egli ha d: ini, P^m. TuponiiifuccocouVacqua,a poner gelojìacon gicuanezza.icn fifa che il u^ro albergo della gc lufia é la uccchiaìd CT non la gicucntu ^ Di* Per che cagione f Fam. Là 4» Tdm. Ld cdgione e che il Vecchio non hduendo in fi co fxchefu dcgiu che una giouanegli pongd amore, mai crede nep^r carccz^yue per altro figno che ld donna gli faccia , che ella gli uoglia bene , CT chi diauoio farebbe jìima dhm uecchio fatuo che vei configli ideila qual cofanon hanno bifognole mozUc in letto* Di. lo ti dico che un giouane naturalmente è più gè* lofo che un uecchio , che fé il uecchio ha ragione di temer che la moglie fi proucdì di quello di che egli malamente le puofouenire per il non potere, cr il giouxne teme per la facilita , che per la caU dezzd del/àngue gli pare ches^habbiain ottenere con donne ciò cheli uuole > che cofì come il uecchio per mancare crede che ghfiano fatte lefufe torte, cofi il giouane per la dignità in che eglifi fente, deuc giudicare che ancho gli altri fuoi parifmils^ mente f ano da e fere apprezzati, CT tcnuticari. Vdm* Qvejl a ragione non mi garba, per che fé il gicua= ne dal ualorc etdal mento fuo giudica Valtrui^no feguc però ch'egli in p:ir te alcuna fi giudichi in feriore ad alcuno : per la c^ual ccfa non deue tesi mtre che altri gli ufurpi ne la moglie ne Vantata: conojcendojì c^uatG ogn' altro degno di cffere ama to ^hauuto caro da leiJ:abbi quefw Bimodio^zT dica chi uuole ^ ch'io non credo altrimente,che la Gelofla è una dijj^eratione che nafce folamentc aU'horache thuomofi ejiima men d'altrui degno d'eferc amato^y chejè egli s\(limaf[e degno ^Mjn= to colui de chi egli hd timore ^ ouerdmente egli non pYeiidYcbhe jìfmhnente fide ad oguifuolo- ' fletto, ò egli e{iimdrehbe colei dt poco giuditia, cr indegna dclTdmorfuo. w.ioitu ucderc che la gc lojia non e altro che una dij^zratione che nafce dd un certo credere di ejjcr per indegno difpnzzd^ tofVedi che il gelofo mai allafua rabbia twn prò caccia di alcuna aita , che è manifi^'jìmo fcgno di dij^erationcxhe queùa dilj'eratione nafca poi da una firma credenza di cffer difj^rczzdto , (i uede chiaro , che fé egli temifie cr non lo tem^c per fermo ^ egli operarebbe, cr (i sforzerebbe di c^er taUjChe colui di che egli temejìe non lo po^ tejìe auanzdre ne in uirtUyne in cofa per la cj^uale tgli poteffe piacere allafua diua, Du lo non uogUo aitf^o dif^utare di queste cofe , bdr. {la ch'io crederò jhnpre che le moglie Baiano mea glio con X ucccU che con i gtouani , CT c^habbmo miglior tempo fenzdcomparatione IO nonti uo^ glo dir fc non qucita ragione , cheti deuria ba= {iarc . I figliuoli , che rafcono de un padre atem pato non poffono cfjerefe non ejfempi diconcinen^ Zdydi uìrtu y cr di buoni coturni : perche crefcen do uedono il padre , ilquak per la efferienza s4 quali maniererà' qua- costumi fi debbano teni^ rCyZT lafciare^et co quclppecchio s^aìleuano:, onde diuengono ualorop^cr cosìumatiiikhc non auient dei figli nati di padre giouaneyqujfd ucden» do il padre giouane cr be^miarc , come il ptM 4t hc^gidi f^nno CT e^imjino qttcUa una rard, CT, heUd uirtu \ C rza di far gli huomini ccfiumdtiyCr uirtucfv chi farebbe più ccftumati di coloro che infegnano lettere f i quali in miUe^'Ubrihano letto^et imparato quaicoje fan no glihuomini iHufìriyO' qu^Ht uituperanofmo uera quanti di que^j ne troui gentili^ quati coiìti matiyqumtì da bmcnÒflfi che hoggidi tuttiiui^ tiiytutte le male creaze albergano fra pedatiff^ date padri ì uo{ìri figliuolini a qu^Rifciagurati* io parlo de triiìi^che pochi ce ne fon de buoni,iicdi adunque Dìmodio , che la tua ragion non e buo^ na ^maé ben buona qu:fìa clric ti diro adcfo. che maritando la moglie in un giouane ]e Iddio il con ferua fecondo il corfo naturale,egli no muore che L a ifuoi figliuoli fono huominh che fanno gouerndre il fio,onde egli ucnendo a viorte muore, conjoU^ tornente uedzndo U fud famiglia in tal effereche nonhahomaipiubifognodi lui, qmjiononpuo già auenire d^un mcd.io'jl qude non può morir cofi tardo che non lajcu la moglie anchor frefca cr i figliuoli in herba . quefìo muore dijcontento ne fa come gcucmarfi^edi fa che per lo più i go=^ uerni delle donne non uagliono nientCy i figliuoli twnfonoinefferejfeegli gli raccommanda adi IjÌo fa come la uà, fé egli fa altri comifarii uedc chiaramente lafciare cr la pecora , cr gUagneU li in guarda al lupo , che fi fa pur troppo quatifo no fiati cVianno con qucjìa occafione aricchiti i fuoi figliuoli^O' di fruito gli altruijfiche T>imo dio tu non hai buona oppinione • JDf» 33/ que^a ragione io non ne faccio ftima » ette di a parlare cr^. me ila a operare,ma dimmi digra tidchièquefio partito f Tarn. Qud oiouancttofòr^sìiero f Dù Io me lo imaginai^ io non gli la darei per miUe ris jj>etti^unaècheluinon fadi chi tgUfifid ndto, che fecondo ch^io ho intelò egli racconta nonfaper chi fia fuo padre nejìia m.idre, nefua patria.cgli potrebbe cjìer nato di gente «rie, ch^io ne farei fid topoi fempre dolorofo a morte hduendolo rifa^ puto* Tarn» Egli è gentilifiìmo quanto fi può defiderare. Di. Que^o non baìtd egli potrebbe effer nato di pd^ dre uìUdno, Vm* 'DoucfiU 0 uoi dtij^ìmi pgmri , eh ui reputaui^^ te da manco di un poucro agricoltore uU^hord che in qualche atto uirttiojò ui conofcenaie effer fipes, ratif o ucrgogna de^bnitto mondo , hoggi non firijguardapiualfrutto^fìrifouarda al campo doue ei nafce y il ucknojò Napello le p:wgi;nti ur tiche 5 CT l^ amare cicute,pur che nafcono in ben cultiu:ito terreno fono dolci, \oaui cr dilettof-.a* per lo contrario le altre neramente dolci, o' foas ue^quandofon nate in humile , CT pfiojb campo» fono dif^rezzate , CT hauutc in odio , che gioui hoggidi perche altri s^ajfatichi di uenir chiaro co iljol della uir:u,je api-reffo un fitido e puzzo- lente porco non e edimata la fua chiarezza .• Dì. Si deue pure ancho rìsguardarc a qmfìo , tanto più chela giouane come fai e nata di buon gcntiU hnomo di Napoli .lo hd->bi fua madre per mo^ glie co gran difficulta quantunque lofia quel che fufaiiCT perfngu^ CT p^r r'cchezz^- Vam* Tanto e, fa tu,io defidtro ogin ben tuo ^ne qu(iio mi par eamale, Di. Ti ringratio , CT pregcti , cje domani a fera ti piaccia ucnire ad honorar le nozze- Vm> io no ti prometto adiv'.ma anch^io uogUotornas a redietro ch'io mi ricordo di unferuigio che ho d f\re ma uedi la tua m^j^ara che efce di cafa aito* Hi* Mi raccomando. Dimodio , CT Baila» Di Doueudituhdildf Bd. Do«e mi manda Cinthii Bi. E doue^ B4. A comprare alcum cofc per donne, che moitti Vi* e' F al fd a in e afa. Ba, Egli è buon p':zzo,chc egli fi è partito^ CT hd det to tu non ci'/ji in cafiy e uero f rf. cgliè u:ro certo : ma io tornaro tcfio^ alle quat* tra bore* Ba» A tua pojìa horju lafciami andare, ni. Vanne^chc io me n^andro in cafa, Ba. O dio come le cofc uanno a pennello^ io ho àif^ott fa Cinthia a parlare {ìa notte alle due hore con lppolitO',Dimodio no cena ìncafa^equel rubaldo di Ealfetta manco jdi forte ch'io no cinedo di fficul tdyond'io fiderò di guadagnar la metk deUadote n miafighuola,a' lofo certo^ch^io intendo che que fio oiouifie dona per infino la ulta* ma apunto quello é ilfiwfruùor che uien in qua,alquale p9 tro domandar di lui* O Sergio f Sergio, cr Baila^ Sex* chi chiamato Baila che comandi f Ba* Dou^ è il tuo padroncf Ser* lo non te lofaprei dire fé nonfufie a cafa* 44 Bd* Corri d afdyO' /e non cipjj^e cercalo altrouefin che tu lo rinoui , CT digli eh alle uentiduc bore jenza un fallo al mondo , tifi ritroui nella chiejk di Santa Marind,ch^io gli uoglio parlare . Scr* Qualche ragionamento j]r>irituale ha da efiere il tuo 5 poi che gli uuoi parlare in chiefa . io dico di contrario, "Bd, Perche al contrario^ Ser* Verche hoggidi quando fi uuol parla re di qualche ufure^o di qualche adulterio, o di qualche coja illc citafitYouano le chic fé per ridutti . Brf. Saprejli dirp^^rche cagione f Scr* Benfaiyperche quafì mai in chiefa non fi uede per fona ytanto fono deuote le genti» Bd. Tut'apponefti.o tristo : ma non badare fa ditro uare il tuo padrone che gli darai bonifimd noud* Ser, lo uado correndo ^adio, B4. io uoglio che egH ne ucnga ueflito da fèmina per miUe rijj>:tti , egli èfenzd barba doue fé alcuno lo uedera intrare^fnzd duhìo penfara chefid una donna J'' al tra Cinthia uedendolo inqucsìohd^ bito haura minor uergogna^CT qM f<^^^ maggior carezza Cr miglior cier a, c:t li parrà propria di ueder Lucina figliuola di Na^ta^iache Dimodio oltra ogni cÒuenezZd,gUface !l ef^e uolte ucdere, C:r hxucr in com'fagnia j baila io fo ben p^rche^ ma e. rio io non uiddi giamai a miei di dw fomis. gliarfi più di queCo che fa c^tutto giouane con quella uacchettaJouogUo affrettarmi che hoggi^ fttdi faranno le usntidue horCjO dio come fono cor* ti i giorni y 0 mefchina me, ecco FalfctU che uien di quu * TàlfmdjO' BaiU» lai "Dòuc ne tui mddtaf T * Sempre jiil dur U baiaf la/. Ut che uorefa il baiar do. ha. La fórca che t impicchi, Yau E atcdij^icchiilcoHoymd lafcidmo quefto oue ne uaif "Bd. lo u:ido per alcuni feruigii deUd pddrond* Idi Che uai tu d comprare qualche herbe per fdr Ids Udndcf Bd, Et che cofd uoi tu che'elldfi laui^il ùudfich'io noH difiif Tal Vna cofd pìufhtidd. td. Koi hmemo più fodue odore qua io puotidmo, che uà huomini quando fapete de miglior che ui è pof filile, Tdì* o jf'orc/je , che un cejfo pdre una hotegd di mu^ fhìoyappo di uou Val, Voi ne adorate però cofìfj^orche come fldmo, TdU Già fi tempo, md adeffo pouereìie non ci e chi ui gudrdiinnijò , "Ed. Taci balordo y che nonèdonndin que^dterrd, ch^norfijjchadùntea farfìundar dietro il più jdggio huor.io che cilid,c^lo fanno che hneglio* laU lo 45- tal, lo tei uoglio concedercyne uoglio gdrrir uco , che, fra. le altre parte buone , che i^oi donne portute dalle fajcie quc^a non ui fmenticate, diuokr Jems. pre nel contender rimaner di fopni. B4. Anzi uoi huomini rimanete di [opra, lai* Tanti [cuti hauefì'iOyquJin ne rimangono di [otto. "Ba* Korfu IO ti uoAio lajciar cicalone,ma dimmi eh bora può eferef Tal Debbono cjfcre uinti due hore^chefo io* Ba» Horfu adio. ¥al Anf il giubileo è aìli frati dalie zoccole • Ba* A triftof faU In efjvtto quando una cofa deue effere la ui con i fuoi piedi , l'ordine c'habbiamo poiìo di ^a fera Cornacchia CT lo^non può non hauer felice fine, per quanti fegni io n'ho potuto fin qui uedere . il mio padrone noncenaincafa per andare CT bas )ia,il padrone di Cornacchia e ito a M e^tre , che Dio fa di quanto comodo eie-, non ne mancaud fé non imbriaccar Tranguggia per tuorli et mantel loUlqualehabbiumoritrouatodWhoitaria dal fo le fi fattamente imbriacato dormire, che gli haue=. mo tolto il mantello , la gone^i^M berettajCr ^«s cho gli haremmo potuto tuor la pelle she egli non fi farebbe rifentitoiio ho poifìibito trouato la be^ retta CT lajchìauìna per lo mio padrone , CT l'ho portata al loco ordinato doue io non Vho ritroua to . ma mi ha detto Paleo di fua commisfìone ch'io uenga a cafa ch'io il ritrouaro ; cr eccolo a pun* to che egli efcc di upL.fddront buona notte affret tati che glie tardi. Bimodio,^ falfcta. Dì. Tu fci qua ValJcUaM hai tu poRo in ordine ogni cofai Val» BenfaioCgni cofa e a cafi di Paleo . Di. Chehorapuocfieref IcaL Che fo io,non metter già tempo di mezzo » che il tempo uola . Di. Vane in cafa CT fa buona guarda fin chUo torni , crp [opra tuttoché le porte flanobc chiauate. Tal Ogni cofa faro Padrone, andate pure flcuramen^ te ch^ Amore fìa con uoi, adoprate Vingegno a quc fta uolta , colludiate di tenir dritta la uita , più chepotete,che queUo andar baffo^^ curuo e cofa da garzoney^:^ da fanciullo dal tipo d'hoggi^Van dar^e {iar dritto è cofa da huomo . Di. O beitia, quafi che tu mi uorrai infegnarc a carni nare^guarda pur ben la cafa^^ dei re^o lafcia la curaachiihad'haucre. fai Mi raccomando padrone^ egli ha in difj[*etto ch'io gli dica, che egli uada dritto y perche egli nonjì può apcna reggere fu le gambe, comefiuede , che adognipaffo pigliala perdonanza » egli s'af:: fatica pure a raccomandarmi la cafa y pecorone che egli e, poiché fi crede ch'iohahbia più caro lafuarobba O'ilfuohonoreche lui medtfimo. 4<^ lo rfu ui pur la che tu e ^tdrai , Tdntafma fantaf ma che di et notte uai,a coda ritta cìuenijìiyd coda rittu te n'àdrai . o Diofc U moglie juxfuffc uiua, quanto remore farebbe in cafa^fe eUafxpiffeque» éo, certo ella era una gentilij^ima donna,(:j tut^ U k NapoUtane fono gentiUj^imeyO' mi maraui- glio come i parenti confentirouo CT lei infume di efjcr moglie di uno mercante , effcndo itata prima di quel Agabito , che come intendo , era uno de gli honorati caualìier del regno . horju adeffo è (dualliero , gentile,uirtuofo cr merita ogni be^i ne chi ha robba affai , cr chi non ne hàfuo dano, ATTO Q.VINTO» 'Baìlay^Yalfetta. E mi par pure.the que^o di [ìa ^ato corto* egli e già «offe, cr credo che non fi uedrebbe nuUaife nonfuffe la luna che e colma. Sia ringratiato il eie lo y ch'egli è fiato tanto lungo che ho fatto ogni tniafacendazT facondo il dejìderio mio . Alìe due hore Ippolito ucrra uejtito dafvmina^ con un ueloin capo comeuanno le fvraftiere. egli m'ha già donato per arra di quello che mi ha promeffo dieci fcutid'orOj che fia benedetto lui O' chi Va^ ma.b che giouane gentile Àn ejfvt:oquefìi fòraiiic ri fono cortefi. guarda che un giouine di quefìa ter ra mi haueffe fatto in mille anni un fvnile prefentc M ij hdnno il diduoh ddoffo^^fon cauti come il paU to* M4 uedo Falfetta , che uienfuord dicdfa dcb^ he il mbaldo , hora che^l pddrone non cena in cd^ fa andar anch^egli a far la morefca , md che cerco iof Se egli non ciandaffe,bifognarebbecFio tros mjii modo difarglilo dndare. Italfetta tuuai cofì tardo fuor di cafaf l^aL io uado perfcruigi del pddrone . uà in cafXyUdnnc che la lund non ti troni aìlafcoperta* "Bd. Ben fdiychHo ci uoglio ire, fai Chi diduolo è coRui che uien di qud.ò Sdnólo Sdtt dorum. egli è quello imbridcco di Trdnguggid, che hor che'l uino hd fatto fuo corfo, fi dehbe effer rijentitOjV' bora che è notte deue uenire dtrouar Dimodio 3 che lo riuejid . Io mi uoglio ajcondere in queiio loco per ueder ciò ch^egli dice^che mi pA re dijentirlo borbottar* Tranguggia* Gracofa^che on fi pofidno estirpare queiìi ma riuoli,credo che poco andari che kfcxrpe non ne feràno fkurene piedi.m marauiglio, come in quc fta citta non fi adoprano più capezze al giorno , che non fanno quattro efferati Turchejchi.ò gran diauolofpoi che non mie iiatoflcuro ne il mantello ne ilfarfetto , ne la beretta attorno 5 che mnga il cacaro a chi mi guidò airhoftarid,er a chici aHog gid iO'dme che ci uo\ii ire a defume \ che oltre 47 de dormendoui mi funo fiati rubbati ipunniM hauutodnco peggio da mangiare ch^io mi hauefii> mai,dikhe quafi più mi duole che del re^o* almen ci hauefìyio ancho bauuto mal da bere , ch'io tion haurei beuuto tanto che fuj^e fiato a baRanzà p^r farmi occupar gl'occhi dalfonno 5 cr cefi non ha, urei perduto la goneUayUe'l uejiito, ne la beretta. Credo certo che fìano fiati que giottoni famìgli delThofie : ne può efier , ch'altri che loro haueffc hauuto ardire dij^ogliarmi in una camera dou'io dormiua come hanno fatto , che il periglio fareb^ he iiato troppo d cofi poco guadagno * o mife^ ro Tranguggia.a qucfia uolta hai padito cT pagato lo Jcotto tuito ad un tempo . non pof^ fono effer jiaii altri ^che t fanti deirho{te,che troppo commodìta hanno hamto cofioro . non mi marauiglìo già cht io non h.\bhia fenti.o , che quando io dormo non mi fuegliardbe il terramoto . Et qucfio Ufo certi fimo , che ri- trouandomi un giorno a far la jentineU.a in un camello del Fiamonte miadormcntiii*jc;p' mentre lo dormiuaygV inimici gittorono giù conia arti^ gliaria quafi tutta la muraglia,cr prejcro o'f^c cheggiorono la terra ^ anzi ch'io mi jiiegliafìi giamai,lo paio uno di quelli che fanno uoto dian dare a Loreto , benché hoggidi ce ne u.hw pochif fimi 5 perche gVhuom^m da bene che ci andauano per diuotionCy homaifìfono anucduii, quanto paz ZI trano ad andar ui{io dico in quc^a guija),quci li poi che lofdceudno di arte crper gudddgnd,pìt$ non lo fdnno , perche pcffono appunto U hclemofi ne che ne cauMìo portar a Loreto^ tanto è cangia to il cofìumc da^la religione. Ma almen fap fii io fare la furfantarla ch^to mi metterei a cercare per Dio i dicendo chHofcfii^ato dif^ogliato digli cffajlini 5 ne lafcidrti hucmo in queitd citta ch'io non prouaj^i s\gli è miJèricordiofoAeUe donne io nefonficuro^nemipenfochefe ne ritrouajìe fé non poche che fu jjero fi crude ^che qualThord fé gli dpprefentaffe un nudo dauanti , che non lo W» tempero in cafa O'che non loMf/hjJcro amoreuol mente , de molte so io che per timor cheH marito auaro non le sgridaffe^faccuano entrare il poucf ro per Pufcio di dietro CT gli dduano la elemofis m nafcofamente ♦ ò pietà grande CT degnd da e/i fir commendata da tutte le lingue, horfu io uoglio ued^ryfe Dimodio e in cafa ,nesò con che uijò ap prefentarglimi ddudhti , perch\i mi ha atmertito d'ogni cofdyO' pur non ci ho riparato* lalfettd^cr Tranguggid . TdL lo mi uogliù fcoprire , che mi fa rifo CT compdsflo ne . Oueft uà buon compagno f Trrfn.O il miocdro falfetta^aiuto . ¥dL Chifel che per nome mi chiami f Trd. Tunonmiconofcif ^aL o Tranguggid . tufei tu f 4S Trd* Co[i jvJlHo und botte di nino ch^ io jidrti meglio. TEdU Mo che altro fd cht und botte di uino er uìo dr* mdio di cdrnd md che uuol dir que^o' chi t^bd jffoglidto f hdi tu hduiito mdi per uenturd tdnto dd buono , c^hdbbi giocdto li pdnni . Trd* Non haucfii io più perduto il cerueUo per cdgios ne dd uino come non ho giocxo i panni . Tdl Cerne é Ra'.o^che coflfci di{})oglidto f Trd' io dndd ^n mdne d definar con un mio amico fòre jìiero dUlìoiìdrid del Sole : ^pcr dijgratia anco untedefcocidefinòidalqudleprouocato giocai d bere 5 doue io mi imbriacai talmente che mi fu fòrs. Z^ gittarmifo'pra un letto in una camcra^doue io foi.o come tu uedi Rato dij^ogliato CT rubbato, VhoRe , ìfamiglii CT tutti di cafa dicono non ne /dpernulld,cr io me ne riporto il dano^ma più che d'ogn^altrd cofa mi rincrejce^cFio doueajfa ferd fare unjèruigio ,ct Dimodio ch''io non potrai onde io mi uedo rouinato da ogni bdnda . ma dimmi: è in Cd fa Dimodio f Tal Egli è Ito fi a fera fuor di queila terra er nofo do uc . md la tua èjìata una gran difgratia . Tra» Come fuor di qucRa terra , io no l credo perche iojoch^g'.i hafìcende , che importano qui, ¥al ZUd è com ho ti canto . Tra, O melchi -o me .ma dimmi, m'hd egli mai nomind tointuttohoggif Idi A dirti il ucro , io fono Rato poco hoggi con lui md io lofenti ben dir , que&o tri^o io lo caiiigd^ Yo , ond'eglifard esempio d tutti gli altri imbrid chi . io nonfo però d cuiegii mindcciaffc * Trd* Armatiuej^alk.ben troppolofoio , che uenga il cdncaro aUa difgrdtia mid ♦ horfu io me ne dndc YO d cajd poi che altro ripdro non ce a cafl miei. lEdL Meglio fard (io ah^ ah, ah, ah, ah. tu mi fai pur Yidere in quefio habito . tu nonfei ne nudo ne «e= fino . quehifon iìatifolenni mariuoli a fède, hot fu uanne d cafa che egli è freddo jbenche tu che hdi la peUizzd di uino , non lo dcifentire ♦ Trd. ad/o. faU A Dio, Horfu io uoglio affrettdrmi , che Vhord fi dpprojìima ch'io debbo andare dalla mia dolce Sodd . Io prego dmore che mifid guida ZT fcor^ td . io uddo in un trdtto t CT quejìo mi pidce , che il loco non e lotdno doue Cornacchia haura lafcid to i panni i ilquale per uentura con queUi di que^ {to pouer accio già debbe effere in uiaggio per ues nirjene al loco doue deue andare ilmio padrone, dnch^io mi uado adefio a traut^iìire cr uerrò a prouar mia uenturd ♦ md ecco quelld beiìia di To= gnuolo ch'io mandai fin da ueff)ero dfdr dguzzd re colteUi,Chi uoleffe hduer unjeruigio preflo CT benfdtto , quefio è uno che fa feruire . Oue ne udi beitia t feitu àatofino d quest'hord dfar dguz^ Zar que{ìi pochi coltelli f TognuoloyO'Fdlfettd. Tog* 4i> Tog. Cdnceronarti. '. Tog^'Ocancaro , colhifa meglio comandar che fccrti anch^io coficoHculo faprei éìare fuHpalo a mé^ narmi la manofopra laficcia^a' dire a chi badaf fé ajcoltarmi . bejtie^ cauallis ui uettga il cancaro, comefdcoùui.Oyndchiècoftuichemi uiene dì ■ 'ìì'> dietro aUej^alle , o egli è qudia panzadi balena, ^^i2C che uien fpéffo d mangiar co'l mio padrone , che \ ..^ gli uengajonno quando egliè d tauoU:, accio che egli laJcitaVbor qualche coja- anco per me, che^ eglifi mangia fin le of a ogn^hora ^ip^up^dio an* darmi in cafa , eh'' egli e troppo notte* Cornacchia finto Tranguggid,^^,^ , ,. . . =^ QueRo è un boni f imo fegno : io non mi r,ìct^ ^0 punto di timore di queiìa mia ita , cr fi^ p^O '\p'ioUeto come s'io fupi d'accordo con effa Lacif .na.Soccorri amore a quefìo mio gran bijognc, tu : linguamia {la cheta , muouiti pur [e uuohma r,C(ii formar parola alcuna . Ecco ch'io fono aUa f or» ta^cr farmi jentirguitc calpe^ar qui da baffo: N ékh$e eJSer "Lmlnd, eh d]^Hd ìltórdc, anzi Vuc» - r^T uMcio per meglio dire . Uid che uatwo facendo quinci intorno queiìi birri : a me paiono birri:mc glioéch'iobiittaytictoc» .kl "Birri crCaudliero. ^ • ,,t' •••. B/rn CduMero*,iohoueduto entrar eolkinqueUdpor td doueftdnzd Ndftagiduno *j ma egli non éil ma riuolo , er s'/o non piglio errore , egli è un cer^ to ruffiano che le pratica in cafa : md eccolo euo^ - ;ìX lo apunto ch'egli uien utr noi : ([ue^o è quel mas: riuolo y c'ha nome Ciruggia , che ha fatto la truf fa deUi anelli d quel gentiUhuomo , Cdu. Quejioé quello, che andiamo cercando f ^irr.Que^òideffo. Cau* Horjù afcondeteui tutti quinci oltrepò' dUhor che ioui faròfegnOyfiamogli ado^o ch'egli non ci fugga che guadagnaremo un buon beuer aggio • IDimodio finto, Cir uggia mariuolo» O amore jìi tu laudato : tu mi hai pure doppo tinto tempo perduto CT dopo tante fatiche^ fatto arriuare a ciueidefiato porto difalute, io mi go^ 'derò pure la mia dolce cTppon'M Lucinaitim^ miti prego i tìemmi V indegno ritto fi cVio U pof ■fa far'capace di quanto aìnoreiogli ho portato, cr per hinnarzi cr per lo adidro : O bocchind di ziKCHYO ioti hajciarò pur vMe uolte . Cdiu S^S^\(lafaliomYÌiiGlo: che bocchind di zucca so YOf a que^d uoltd hduerdi lo dj^entìo * D'm. Verde mi pigliate cani f Idfcidtemi ♦ Cdu» Ancora hai ardimento cr fronte ♦ gioitone y me» natelo pur la,ch\gli [apra ben, perche fi. Tiim, Signorij^imo CauaUiero non mi pigliate adeffo, cheuoi mi rouinate i pigliatemi poi un^ altra uol ta nel mezzo della piazzd,cFio non tnc ne curo, ne mai uè ne uorrò male alcuno ♦ Cau* odi il rubaldo come chiacchiara,menatelo U todo ut dico , uà U ladro . Dim» Ma doue fiamo noi , che Yinegia e diuenutafòr^ fc il bofco di Baccano f non è quciia quella [olita Vinegia madre d^ognigiufiitia f perche non pofo io adunque liberamente andarmene pe i fatti mieif lafciatani^ che uoi mi pigliate in ijcambio • Cau* lo ut faro portar la pena a uoi , fé non lo menate, tofio {Irajcinatelo : piglialo per li piedi Magone, [e egli altramente non uuole uenirc • Dim* O Lucina per tuo amore* Ippolito ucjiito daftmind . lo ho hauuto la maggior paura del mondoilofo^ no arriuato proprio aUhora che qmfii ladri birri hàno dato delle unghie adcjh d quello difgratiato: fidringratiatoilcielo,chetodo[ifono partiti di qua , che qua fi io dubitaua che cr per lo uenirfò:^^ ra de li uiciniy CT p-r qucUi intrichi che in fimi li ca fi fogliano jèmprc auuenire , mifòjk interrot to l'ordine che hoggi ho pofio con la Balia di risi N ij trouirml d^ùell%oird d p^rUmento con^CMid^' Cechi miei fi:Ue ingordi d pigliarui di quel dolce Ucmt che fijòduementc efce defuoi ; CT uoi orec = chie mie.fìxtc dttente, ne ui lafciate perder piroU che formi quelU dolcipmci bcccd , cr che rifuoni queUd angelicd uoceio' tu amore pidccidtidqudn to temprare U dolcezza mia,rdcorddndomi tal hord U partita, accio che fra fi ineffabile contena toio non pcrifcdfenzd haucr goduto tutto do che il cielo dondr miuuoìe . Ma. oime,Bccocof:uiche mi uicn d dijìurbdre : rjT s'io non m'^inganno^egli e colta che pur hord dd birri era shdto prefo . mi^ fero me che Idprtuna uorrd metter Id coda do^ ut non ha poffuto metter il capo^iouoglioafcon^ dermi in quejia dirada , cr fentir do ch'ei ragion tid , CT poi piglidro occafìone di feguire il mio principiato maggio . Tiimodio fìnto Ciruggid rei dfcidto* Ccrtdmente Vbuomo non e giaficuro uno mo» mento , che cofd ch'egli defiderhg It pofia conjvli ce duuenimento fuccedere : chi lyaurebbe penfato giamai che io in queiìo habito lì fi ^ato colto in ifcambio da queiii birri per un mariuolo ^ v pur è [tato uero i (yfe non era uno di loro che mi ha conofciuto iio dormiua quella notte in prigione, douepoi fi farebbe fatto comedia O" ftiold difat» ti miei y CT hdnbbono dettole genti y che huomo faggio f di che egli ne fa projtj^ionc: chs tid la uot tttrdUcMto attorno ^ hxjì'd. non mifxnbbe min càto mrgogni ♦ mx che più f io mi haura p^sriu- td per ài notu U mia hdd CT gentil Lucind, che più apprezzo che tuttofi mondo . Sid ringradd» toii cielo che colui mi hd conosciuto , ondho fon fuori dalle mani loro CT tdnto d tmpo che hd» jidper dndurmi di mio uidggio: iouoglio primi guatar he hene fc ci e per fona che ueder mi poj^d, poi picchiar ò alVujcioima chi è cojìei che cofi cheta et fola da qmfta hordfcnejidp qucjia maf O Dio elld è d'efd,Lucina , Lucina, uifo di Cr.Kruhino» Ippolito finto ftmind. CT Dimoilo* Jpp, Tu mi pari un pdzzo p o^ontuofo , uanm per U im uid O' f^rai meglio . Dim. Ah gemma orietak mii^.e tenebre non ìuit'^luurid nonajcofidj^chcft gli occci mancano per la Ojcuri td cr non conojcono ilfuo bene cr la jua luce, il core non manca però eh egli non arda più (guanto più t'è mano , Jpp. Tufei il gran pecorone , tu non credi ch'aio ti co^ nvjcanof tudciepcr fuggito dalle nuni di c[ut birriche poco fa ti hauLu.uio pigliato , CT dei ej^ fer un ladro, CT hora fui lo innamorato per truf^ farmi qualche cofa et ma tu te inganni . JD/m. lo fon jìato prefofi ; ma più m'hanno prciO le tue cathenc anima mia,v' da quelle di coloro che pur hord mi haueuano pigliato fono ufcito , doue daU U tue io non ufcirò giamai * Ipp» "Horfu non mi romper il cdpo . ud f e'I tuocdtma^ cr lafcia ch^unchHo udda f e '/ mio . v .. :iìì Dìm* Tunon mi conofcif io fono il tuo Dimoile che tu " a queiid hord domai dfj[>cttdr in Cdfd^y nefo già perche io ti trouifu qmjìd shruda cofifokttd, tud^ niddremihdd:ito ordine che d quefìu hord io in queihxguìfx ueslito douefA uenire a pdrldrti , dcs ciocheuefiuno nonfojj^icajk j perche cofi ue{lito] Ud quel tuo pdr ente» Ipp. An f Tufd Dimodio ♦ Sii il ben troudto, io dps. punto fono uenutd qud foprd Id uid per ucder sHo tiuedeud^dccioche non picchiaci alld portd noRr^ per mdnco pericolo : nid mid mdirefi deue ejfcre fcorddtd dirmi che tucihdueui duenirin qweiio hdhito , er però non ti conofceud, md ud d poner giù cotejli pdrmi,^ uieni ueilito con i tuoi d cdfa ch'io ti aprirò Vufcio, ch^dltrdmente io non crede reichemdifòjii quello. Efmi Che importane miei pdnni* io fon io per queUd jdntd Luna che ci dond luce . Et tu io fo che [ci tu: cr pregcti per quello amore che tu mi porti , CT ch'io porto a te^chefi pur uoi ch'io mi parta dd te IKr andarmi d metter i miei panni^che ti piaccid di mendondrmi un bafciofolo anzi che io uada. Ipp* Qu^.ilo non farò io gidmai,che potrebbe effer che tu non fòRe tu , doue io farei poi la piufconten tdfvmina del mondo . uanne pure CT tornd toSto che troudrai Id portd dpertd * Dim» louddodnimamia. ^ Có*l maVdnno che Dioiì dia . cojiui aUa uoce mi pare cfjcr Bimodio Padrino dclU mìd dolce Cm=s thid j ne pko cffer altri jche oltre cFcgli m'ha det to . io fono il tuo Bìmoiiojla Baila hoggimi hd fatto certo che queflafira egli non cenaua in cafa; CT cWeìlafaped certo per bocca di Vaìfitta ch'egli uoled ire a cafa di una Nnfcagia p una f.ia fìgliuo lailac{Udle per le jìmiglianz^ che di ej^a cffa Baila mi ha dato,^ cefi della cafa^O" ddlacontrada do uè ella è poiha , non è altroxche quelldjche pur hog gi mojirana hautr tanta pietà di miei dolori * co= éìui mi ha tolto in ifcambio ? cr ha.creduto ch^io /Si la Nimpha ; Et io molto bene mi fono ricorda to d'ogni cofa,c:T fMo ch^ioudidire io fono il tuo Dimodio, fin fi di efier cjueUaper cui iofpcua ch'egli fi ingannaua^Et cofi il meglio ch'io hopof futo melo fono leuato dinanzi* w^ io non uoglio perder tempo , che altra cofa non intraucnifc'Ec co quella auenturatif ima cafa checofi f^effo mi et^ tdndo il uccchio che uada trau:fiito con queRa fchiauind c^ con ([uelldberettdjne dime uuole dir tiuìld alla madre^md Ufciar ch'tUafìpefì ch'io fìd $idto Dimodioy vji'dre d ucder cibilo che ne (up cederà, Fdccia klio mi uoglio pdYtir diqud ch^io mifento un cdlpcRio dUefpSe . fon ufcito per Vu^ fcio di dietro^c dubito dinoeffcr jìdtO'uedutOypò '^vonuorrdchequal fiimha mi camina^i dieiro fcr conofcermi, doue mifufjifòrzdfdr quiRione, Jjimodio fìnto Ciruggid, 1 0 fono fato iufno a cafa di Póleoper ritormiemiei spanni i^'T pòi mi fono pentito cìjfidcrado che baiid ihe iSiattagid mi ueda-in j«e^4 guifaylaqualm'hd impos. Sì impo^o eh cofiutitito ci debba uenirctic tac toc* Nnfiitgia,cr Dimodio. Nim. Najlagìafènza colcraÀofon Dimoiio . K^. Che Dimodio f tu mi pari uno imbriaco a me, D/m» D/o m'aiuti, qu^jia non è la contrada di S»GaUof K4. Etl^ é per cerco ^matua c^ue^a ttolta farai un capone, Dìm. Non è qwRa la cafa di Naiìagia f nonfei tu ef» fa f cr tofono D.modio non hii conofcif Nrf. Qu^'iha e la cafa dì Na^hagia . io fono efia» CT tujei una befàa , cT non fa l^imodio» che D:mo= dio f uoi hamte tri^o garbo a uckrfar burle* an date cbe Monna Lune- non uitùrJ:^^* Vìm, Naftagia tute ne pentirai hàu^^^tl/^tto ucnirc daquciiahoratraueftùoinii:''.^ g'fu per poi farmi jìar difiiora , io n'alio fin^hcw p - -ito t^op* pò . A pri cara ì^afiagia , ch'io for. Oimodio • N4» Come puoi tu dire que^o, che 'Dimodio (i parte pur hora de quinci entro . I>Òw» In nomine panis , come e queko che io fon Dìmo»^. dio, ne più àfono ^ato , o non è anco un'hora ch'io ritrouai Lucina fopr a la uiajche dicea afj^et tarmi , neuoUeche aìlhora io uenip in cafa con Id dicendo nonefier benficura eh io /o/?t queRo , CT mi mpofe ch'io douejli irmene a ueéirmi i mia fa liti panni cr uenire che poi mi hnurcbbc aperto: tarlo po^oml in cdmino p:r ciofitre^mi pcnfii poi chejhz^far q'MJiaminifdtturdchcpirU baihto che tu ueduto mi hdii?jli ^(yhora n:oP:ri di non mi concfctn f Cf ch'io utnga d quitto modo usiti tOytu mi hiì ordinato * ÌHi* Che in qmfio modo mfìito f che Lucind foprd la uidf che tuoi pdnni f hora fi che tu mi hai chidrito, a Dio buffalo mi raccomando qucHo non é terrea no per gli tuoi fhr ri* Bim* O gran diauolo, pu:tana. porca ♦ io ti faro ef^ere efit;mpìo d quante pari tue uiuono di mondo, cr jè nonfvfie Vhonor mio^ io gittarei hor bora queitd porta in ttrrd CT con U mie mdni ti caudrei il core . Ofuenturato Bimodio , una puttdnd ti fi pur {ìarc , md che diauolo m'ha eUd detto che pur bora fi e partù-o l>imodio , come ud quejìd cofd f io uoglio dncdre d cafa , in ogni modo io ci fono apprefo t «e mi curo homaiche i miei mi uedano inqu^fid ^Àfa^chefarò io ben credere ^ che per huon rij^etto co fi io me ne uada la notte , Et uo:^ gl/o ben hmee^aminar Tal fetta foprd di ciò , CT cofidcrarla bene^ che forfè uerro in qualche cogni -Mone.quandoVhuomo uafoprapcfuro ei uola che nofin'accorgeAo fono già gionto d cdfd.tic^toc. Validi CT Dimodio finto Qìruggid, "Bd. che diauolo batti f che uuoi tu f Dim* Apri beRidi cr non far tanto rumore » JBrf» Odi fchiumd di ladro. Dìnr» A pri ti dico er tici:,clrio fon Dìmodio . "Bit* Che Dìmcdiof ah mariuolo ladro, tu dei ìwicr hauuto quJxhe odore cb^egli non e //: cafa , er ci qihdo modocì uorrefci ajjafiindreÀch leuuti ti di co d.i (luella porta jt non cìrio ti romperò il capo con una pii:tra cr gridarofi che tutti i wcini mi jentiranno , doue tu ti haurai la mala iiotte , D/m« O bijlfto , fo che tu corri hoggi per me . apri bt ùiach'io ti uccido jc non mi ó^pri hor hora. io fon Jjimodio.nòn dubitar, bcncheiofìa cofìuefiito. Bi* Tu feilafòrcache ti iti: picchi :non credi tu cì/io fxppia che tufei un ladro jòlenne f uatti con D''0 ti dico,ch^altramctc iochiamerò il genero dd mio padrone ch^io ti farò far poco apiacere. Din/. O Dio doue fono ■ chi m'ha tolto a me mede fimo f fior, fon io il padrone di qm^a cajk f che genero f che farnetichi f tic , toc^ tac, tic^ toc . apri porca^ chiama Fai fetta , BtC. C^e diauolofai f affetta affetta . o Ippolito f no s ra che un ladro uuck uenire in cafa p:r jòrz<^ * Ippolito Baila rimocf/o. Ipp. Ah ladro tradiiorca quefìo modo an?Uuati, fuggi ^ ch'io ti uccido con qucko ll'i^do. -^ Ba* N 0 gli menar di pìlta Ippolito che tu Vucciierai, Xjim^ A h porca * ah mariuolo a qucfo modo fi fa, in ca fa mia an f òuicini, ab tradì. ori- Ba* Non fare Ippolito che per D-'o adcffo ch'io fono 4 bafo i i^h-^ mm ■ > v CX->. f acf /Vi f 'irtce ; ^^*^^ a.,.. i'/ '-).7 Cf L i-*- '^^